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REGGIO CALABRIA-  Non ci sono soltanto boss della ‘ndrangheta e imprenditori collusi. La conclusione delle indagini dell’inchiesta sulla Leonia, contiene un colpo di scena. Ci sarebbero, secondo il Pm della Dda, Giuseppe Lombardo e Sara Ombra, una serie di gravi responsabilità anche della Giunta comunale in carica il 19 luglio del 2010, quella cioè, che resto al Comune di Reggio Calabria dopo dell’elezione dell’ex sindaco Giuseppe Scopelliti alla Regione. Una giunta guidata dal sindaco facente funzioni Giuseppe Raffa, che approvo una delibera che «avvantaggiò ingiustamente l’azienda che si occupava della raccolta dei rifiuti», procurandole «ingiusti profitti patrimoniali percependo 357 mila euro nel 2011 e 375 nel 2012». In pratica la Giunta con una delibera del 2010 autorizzò la Leonia a sottoscrivere un accordo con la filiera per la raccolta dei rifiuti riciclabili e a riscuotere direttamente i relativi corrispettivi. Cosa che secondo la procura non era possibile. Così, con la conclusione delle indagini, la procura ha notificato il coinvolgimento nell’inchiesta del sindaco facente funzioni Giuseppe Raffa, e degli assessori Paolo Anghelone, Vincenzo Sidari, Michele Raso, Francesca Freno, Clotilde Minasi (oggi consigliere regionale), Giuseppe Plutino (oggi detenuto per altra causa) Rocco Lascala, Pasquale Zito, Domenico Suraci (attualmente sotto processo per l’inchiesta Sistema-Assenzio), Amedeo canale, Sebastiano Vecchio e Demetrio Porcino.
Per il pm è stata infranta le regola secondo cui «l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve altersì  rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonchè quello di pubblicità con le modalità indicate dal codice». Nella sostanza l’incarico non poteva essere affidato in via diretta per come invece fu. 
L’inchiesta, che a suo tempo portò all’arresto di esponenti ritenuti al vertice della cosca Fontana e di alcuni amministratori della società mista (a maggioranza pubblica), era nata occupandosi di tutt’altro, finendo per essere anche sequestrata preventivamente ed affidata ad un curatore giudiziario. Ad ottobre scorso, quando scattarono le manette si scoprì che gli appalti della manutenzione e di molte forniture della Leonia erano nelle mani di presunti esponenti della ‘ndrangheta. Erano i fontana a sistemare i camion della nettezza urbana quando si sfasciavano. Erano sempre loro a fornire il carburante. Partecipando a gare di evidenza pubblica alle quali tuttavia nessun altro si presentava. Il tutto secondo i magistrati reggini, con la complicità della componente privata dell’azienda che deteneva il 49% delle quote, e del vertici burocratici che “infiocchettavano” i bandi.
Perno del raggiro sarebbe stato Bruno De Caria, accusato di associazione mafiosa, che nella veste di direttore operativo della Leonia spa, «con la piena consapevolezza del ruolo dei suoi interlocutori (ossia i Fontana, ndr)» si sarebbe speso per consentire al clan il sostanziale monopoli di alcuni servizi da fornire alla società. Nella sostanza, secondo l’inchiesta firmata oltre che da Giuseppe Lombardo anche dal pm Sara Ombra, De Caria sarebbe stato la testa di ponte delle cosche nell’azienda municipalizzata. 
Giovanni Fontana è ritenuto il capo indiscusso delle cosca, con i figlio indicati come gruppo dirigente o partecipe del clan, ognuno con mansioni operative diverse.
L’indagine che portò alla tornata di arresti, evidentemente, non si fermo. I pm e la Polizia di Stato continuarono nel lavoro di acquisizione dei documenti e dei riscontri, arrivando a disegnare una situazione ben più articolata di come era apparsa inizialmente. E infatti, oltre ad essere stato consolidato l’impianto iniziale, e ad aver coinvolto per le relative responsabilità la Giunta comunale del luglio 2010, gli uomini della Questura e della Squadra Mobile, hanno fatta incetta scoprendo comportamenti illeciti e irregolarità di diverso tipo. Anche per questo la conclusione delle indagini riguarda una mezza dozzina di dipendenti che invece di svolgere il loro lavoro si occupavano di tutt’altro. Ed infatti per conto di de caria e di altri dirigenti della Leonia, pur risultando sui camion a svuotare i cassonetti, facevano altro. favori a destra e a manca utilizzando i mezzi dell’azienda e pagati dall’azienda. Uno spaccato di malcostume diffuso che forse spiega lo stato in cui è stata ridotta la società.   

REGGIO CALABRIA –  Non ci sono soltanto boss della ‘ndrangheta e imprenditori collusi. La conclusione delle indagini dell’inchiesta sulla Leonia, contiene un colpo di scena. Ci sarebbero, secondo il Pm della Dda, Giuseppe Lombardo e Sara Ombra, una serie di gravi responsabilità anche della Giunta comunale in carica il 19 luglio del 2010, quella cioè, che resto al Comune di Reggio Calabria dopo dell’elezione dell’ex sindaco Giuseppe Scopelliti alla Regione. Una giunta guidata dal sindaco facente funzioni Giuseppe Raffa, che approvo una delibera che «avvantaggiò ingiustamente l’azienda che si occupava della raccolta dei rifiuti», procurandole «ingiusti profitti patrimoniali percependo 357 mila euro nel 2011 e 375 nel 2012». 

In pratica la Giunta con una delibera del 2010 autorizzò la Leonia a sottoscrivere un accordo con la filiera per la raccolta dei rifiuti riciclabili e a riscuotere direttamente i relativi corrispettivi. Cosa che secondo la procura non era possibile. Così, con la conclusione delle indagini, la procura ha notificato il coinvolgimento nell’inchiesta del sindaco facente funzioni Giuseppe Raffa, e degli assessori Paolo Anghelone, Vincenzo Sidari, Michele Raso, Francesca Freno, Clotilde Minasi (oggi consigliere regionale), Giuseppe Plutino (oggi detenuto per altra causa) Rocco Lascala, Pasquale Zito, Domenico Suraci (attualmente sotto processo per l’inchiesta Sistema-Assenzio), Amedeo canale, Sebastiano Vecchio e Demetrio Porcino.Per il pm è stata infranta le regola secondo cui «l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve altersì  rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonchè quello di pubblicità con le modalità indicate dal codice». 

Nella sostanza l’incarico non poteva essere affidato in via diretta per come invece fu. L’inchiesta, che a suo tempo portò all’arresto di esponenti ritenuti al vertice della cosca Fontana e di alcuni amministratori della società mista (a maggioranza pubblica), era nata occupandosi di tutt’altro, finendo per essere anche sequestrata preventivamente ed affidata ad un curatore giudiziario. Ad ottobre scorso, quando scattarono le manette si scoprì che gli appalti della manutenzione e di molte forniture della Leonia erano nelle mani di presunti esponenti della ‘ndrangheta. Erano i fontana a sistemare i camion della nettezza urbana quando si sfasciavano. Erano sempre loro a fornire il carburante. Partecipando a gare di evidenza pubblica alle quali tuttavia nessun altro si presentava. Il tutto secondo i magistrati reggini, con la complicità della componente privata dell’azienda che deteneva il 49% delle quote, e del vertici burocratici che “infiocchettavano” i bandi. Perno del raggiro sarebbe stato Bruno De Caria, accusato di associazione mafiosa, che nella veste di direttore operativo della Leonia spa, «con la piena consapevolezza del ruolo dei suoi interlocutori (ossia i Fontana, ndr)» si sarebbe speso per consentire al clan il sostanziale monopoli di alcuni servizi da fornire alla società. 

Nella sostanza, secondo l’inchiesta firmata oltre che da Giuseppe Lombardo anche dal pm Sara Ombra, De Caria sarebbe stato la testa di ponte delle cosche nell’azienda municipalizzata. Giovanni Fontana è ritenuto il capo indiscusso delle cosca, con i figlio indicati come gruppo dirigente o partecipe del clan, ognuno con mansioni operative diverse. L’indagine che portò alla tornata di arresti, evidentemente, non si fermo. I pm e la Polizia di Stato continuarono nel lavoro di acquisizione dei documenti e dei riscontri, arrivando a disegnare una situazione ben più articolata di come era apparsa inizialmente. E infatti, oltre ad essere stato consolidato l’impianto iniziale, e ad aver coinvolto per le relative responsabilità la Giunta comunale del luglio 2010, gli uomini della Questura e della Squadra Mobile, hanno fatta incetta scoprendo comportamenti illeciti e irregolarità di diverso tipo. 

Anche per questo la conclusione delle indagini riguarda una mezza dozzina di dipendenti che invece di svolgere il loro lavoro si occupavano di tutt’altro. Ed infatti per conto di de caria e di altri dirigenti della Leonia, pur risultando sui camion a svuotare i cassonetti, facevano altro. favori a destra e a manca utilizzando i mezzi dell’azienda e pagati dall’azienda. Uno spaccato di malcostume diffuso che forse spiega lo stato in cui è stata ridotta la società.   

Giuseppe Baldessarro

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