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REGGIO CALABRIA – La Guardia di Finanza coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia ha dato seguito ad un ordine di fermo nei confronti di Pietro Labate, considerato al vertice dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, accusato di intralcio alla giustizia aggravato dalle finalità di agevolare la cosca e dalle modalità di tipo mafioso.

Al provvedimento, fa sapere il procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, si è arrivati al termine di una indagine del Gico della Finanza e della polizia tributaria che ha consentito di accertare le minacce perpetrate da Labate ai danni di una testimone in un importante processo in corso nei confronti di esponenti di vertice dell’omonima cosca, che rappresenta la naturale prosecuzione di quello scaturito dall’operazione “Gebbione”.

Secondo quanto chiarito, nel corso delle indagini l’uomo ha dato vita ad una «subdola e implicita attività intimidatoria, con modalità e per finalità mafiose, nei confronti della testimone volta a condizionare quest’ultima a rendere, nel processo in corso di celebrazione, dichiarazioni false ovvero a reticenti».

In particolare Labate «ha adottato modalità allusive, ma estremamente efficaci» per minacciare la testimone, facendo leva «sulla sua storia e fama criminale rendono sufficiente l’evocazione del proprio nome per raggiungere lo scopo intimidatorio».

Alla luce di quanto scoperto l’antimafia ha disposto il fermo di indiziato di delitto «tenuto conto del pericolo di fuga dell’uomo, già per lungo tempo latitante, reso più probabile dalla contestuale detenzione del fratello Michele e, quindi, dall’avvertita necessità che la cosca non fosse privata dei principali dirigenti territoriali».

Il provvedimento di fermo è stato immediatamente eseguito dai militari del Gico che hanno portato Pietro Labate presso la casa circondariale “G. Panzera” di Reggio Calabria.

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