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Ignare o consenzienti o complici, le giovani donne sfruttate provenivano da realtà familiari degradate e da situazioni di indigenza estrema. Le giovani ragazze di età compresa tra i 18 e i 20 anni, e provenienti dall’Est Europa, hanno ognuna una storia terribile da raccontare e per i loro aguzzini, spesso supportati da altre donne loro complici, erano merce preziosa. Nelle conversazioni intercettate, si utilizzavano sostantivi evocativi della loro condizione: «valigie», «bagagli», «merce».
Molte ragazze venivano adescate con l’illusione di una relazione sentimentale con i loro protettori, che riuscivano facilmente a irretire le ragazze prospettando loro una vita migliore in Italia. Ma in molti casi l’attività di prostituzione era prospettata già al momento dell’ingaggio in Romania.
Questa «libera determinazione» delle giovanissime donne – hanno sottolineato gli inquirenti – era comunque sempre determinata dalle umili condizioni su cui fanno leva i reclutatori e da situazioni di degrado e sopraffazione cui già nei loro paesi erano sottoposte e che le spingevano a vedere nel viaggio in Italia una facile via di fuga. È il caso di Elena, una minorenne che avrebbe preso accordi espliciti per prostituirsi in Italia. La ragazza, come emerge dalle intercettazioni, e dopo essersi fatta illustrare le condizioni dell’ingaggio, spiega i reali motivi che la spingono a compiere la scelta, ovvero fuggire da una realtà familiare drammatica.

VIOLENZE AD UNA GIOVANE DONNA COSTRETTA
A PROSTITUIRSI NONOSTANTE FOSSE INCINTA
In un altro caso emergono le violenze perpetrate su una giovane donna per costringerla a prostituirsi nonostante il suo stato di gravidanza. In altri casi il pagamento del viaggio per raggiungere l’Italia inizialmente anticipato dai protettori diviene una forma di ricatto poichè le ragazze sono costrette a prostituirsi per ripagare il debito che viene loro costantemente rinfacciato.
Ma emerge anche il ruolo di ragazze che volontariamente si prostituiscono avendo stabilito un patto di spartizione dei proventi con gli sfruttatori: sino ai 500 euro a notte, dei quali le più fortunate arrivano a poter trattenere una percentuale del 50%. Spesso l’esercizio «consapevole» della prostituzione permetteva loro di acquisire un ruolo attivo nel controllo delle altre ragazze divenendo un partecipe dell’associazione.
Nell’ordinanza sono citati i casi di Elena Babusca e Valentina Enache destinatarie di un provvedimento di divieto di dimora, e di un transessuale, indagato nell’ambito di questo procedimento, il quale, legato al gruppo dei Radu, li avrebbe coadiuvati controllando le prostitute. Il gruppo evitava di far prostituire ragazze minorenni per evitare eventuali più gravi responsabilità. Uno degli episodi documentato dalle attività investigative vede protagonista una minorenne in procinto di raggiungere l’Italia, ingaggiata a pochi giorni dal raggiungimento della maggiore età, condotta a Reggio Calabria. Il clan aveva suggellato il raggiungimento dello status di maggiorenne con l’avvio alla prostituzione in strada nel giorno successivo al suo compleanno.

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