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SETTANTA persone. Ognuna delle quali ha una storia, una coscienza, delle speranze e dei drammi tutti suoi. Ma che hanno un filo, robusto e fragile al contempo, che li lega: la richiesta di asilo politico. Sono settanta (per la precisione, 35 adesso e 35 fra qualche tempo) i richiedenti asilo che cominceranno ad arrivare da questa mattina a Potenza, e che in questi giorni hanno prodotto una serie di incontri e riunioni da far invidia a un’ambasciata.

Fanno parte del flusso di migranti, tremila circa, che sono sbarcati negli ultimi giorni sulle coste della Sicilia, sulle spalle il dramma di un viaggio da incubo e di un morto per esalazioni tossiche, davanti agli occhi l’angoscia di un futuro incerto.

Telefoni roventi, consultazioni continue, ricerche e sopralluoghi alla velocità del suono per costruire nel Potentino un meccanismo capace di accogliere, facendole sentire esseri umani e non problemi da risolvere, trentacinque persone che aspirano allo status di rifugiato.

A decidere della loro sorte futura sarà una delle sette commissioni che in Italia verificano l’esistenza o meno delle condizioni necessarie a ottenere l’asilo.

A decidere invece del loro destino immediato, una fitta rete di soggetti fra cui la Prefettura di Potenza, l’amministrazione provinciale dello stesso capoluogo, la Regione Basilicata e alcune associazioni, in particolare le Rose di Atacama e l’Arci.

Un primo arrivo è quello atteso dalle Rose di Atacama. La vicepresidente Anita Sassano si è attivata, insieme alla presidente Ligia Suarez e agli altri volontari dell’associazione, per cercare una risposta alla domanda: dove portare 15 persone (la tranche destinata alle Rose) con 30 euro più Iva a testa al giorno? Perché questa è l’entità del contributo ministeriale. E bisogna farci rientrare vitto, alloggio, ricariche telefoniche, il “giornaliero” da consegnare all’ospite per le spese spicciole (sigarette eccetera).

«Alla fine – spiega Sassano – siamo riusciti a trovare una sistemazione più che dignitosa in un ex agriturismo di Rifreddo».

Quanto a sapere come sia composto il gruppo – quanti uomini e quante donne, se ci siano bambini o comunque minori, se esistano legami di parentela fra alcuni componenti o veri e propri nuclei familiari – non è stato possibile per l’associazione ottenere dettagli fino alla tarda serata di ieri. Fuori tempo massimo perché lo si potesse scrivere.

Ieri sera gli attivisti dell’associazione erano in giro fra le parrocchie di Potenza per mettere insieme viveri e mezzi di conforto. Non è difficile immaginare che chi oggi metterà piede su suolo lucano avrà fame. Oltre alle chiese del Potentino si è messa a disposizione anche la Caritas. I quindici arriveranno da Augusta, uno dei porti siciliani di attracco delle navi della Marina Militare impegnate nell’operazione Mare Nostrum. A provvedere al trasporto fino a Potenza, mezzi della Croce Rossa lucana.

E sarà un altro bus della Croce Rossa a portare a Potenza, perché poi vengano smistati, gli altri venti richiedenti asilo. A farsene carico, l’Arci. L’associazione – ramificata com’è sul territorio – ha oramai accumulato una buona esperienza sull’accoglienza ai richiedenti asilo. L’Arci Basilicata ha lavorato già lungamente per lo Sprar, ossia il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.

A vedersela in prima persona la responsabile del settore immigrazione dell’Arci Maria Antonietta Maggio insieme al presidente regionale Ottorino Arbia e ad altri esponenti come Donato Di Santo.

I venti richiedenti assegnati all’Arci saranno divisi in tre gruppi. Otto persone andranno a Sasso di Castalda, in due appartamenti fittati da privati per l’occasione. Altri cinque a Brienza e sette, infine, a Potenza. Anch’essi in appartamenti presi in locazione.

L’esiguità della somma messa a disposizione dal Ministero non spaventa i soci Arci: «Siamo riusciti a gestire situazioni anche con meno – assicurano dall’associazione – Per fortuna abbiamo a disposizione un’equipe di mediatori culturali e l’attività dei circoli territoriali. Solo a Brienza sono stati attivati venti associati».

Come si vede, in entrambi i casi – Le Rose di Atacama e Arci – la strategia utilizzata è quella dell’accoglienza diffusa.

Il valore di questo metodo viene confermato da Paolo Pesacane, assessore alle Politiche socio-assistenziali, politiche per la pace, immigrazione e volontariato della Provincia di Potenza. Benché oramai agli sgoccioli la sua esperienza come amministratore – dal 31 marzo prossimo le Province cesseranno di esistere – Pesacane si è speso per questa emergenza. Nelle riunioni in Prefettura ha insistito sul bisogno di non concentrare tutti i richiedenti asilo in un solo punto e in area urbana.

Al telefono spiega tutta la storia dell’accoglienza nel Potentino, capace di seguire i migliori standard Sprar.

Trentacinque persone, nel frattempo, oggi giungono a Potenza. Per loro, la tappa di un percorso. Un percorso fin qui doloroso. Cosa sarà di loro dipenderà anche dalla capacità di ospitalità di questa terra.

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