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POTENZA – Il processo è ancora aperto, e l’esito delle accuse contro l’ex primario del reparto di Cardiochirurgia del San Carlo non è per nulla scontato. Ma al momento dell’arresto i gravi indizi di colpevolezza c’erano eccome, e di un risarcimento per ingiusta detenzione non se parla.
E’ quanto sostiene la Corte di cassazione che a marzo aveva respinto il ricorso presentato dai legali di Nicola Marraudino contro l’ordinanza del Riesame di Potenza. Dopo la conferma degli arresti domiciliari per falso e omicidio colposo in relazione al decesso della paziente Elisa Presta.
Le motivazioni della Suprema corte sono state depositate soltanto nei giorni scorsi, e spiegano che l’ex primario di Salandra, «nonostante fosse intervenuta la revoca della misura cautelare detentiva» aveva insistito nell’impugnazione «al fine del futuro ricorso per la riparazione dell’ingiusta detenzione subita».
Ma «gli elementi indicati dal Tribunale del riesame e, in particolare, gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio espletata, le sommarie informazioni testimoniali, le intercettazioni, oltre alle acquisizioni documentali, integrano presupposti sufficienti, avuto riguardo ai caratteri propri della cognizione cautelare, all’adozione della misura richiesta».
Peraltro il Riesame di Potenza avrebbe «dato adeguata motivazione» anche delle «ragioni che hanno indotto all’adozione della misura domiciliare, sia con riguardo al pericolo di reiterazione, sia con riguardo al pericolo di inquinamento probatorio».
Il processo riprenderà il prossimo 8 settembre con un’udienza dedicata alle testimonianze degli infermieri che erano presenti in sala operatoria il 28 maggio del 2013.

L’accusa nei loro confronti è di omicidio colposo in concorso, perché «nonostante l’avvenuto decesso della Presta» a causa della lesione di una vena durante l’apertura dello sterno e di un maldestro tentativo di ripararla «l’intervento veniva continuato e portato a termine, con l’inutile e programmata sostituzione della valvola e il successivo trasferimento del paziente già morto in terapia intensiva» (circostanza già smentita in aula dal direttore di Anestesia e rianimazione del San Carlo, ndr).

Dunque una messinscena, secondo gli inquirenti, per «alterare quanto realmente accaduto». Per questo Marraudino, che «sarebbe stato considerato direttamente responsabile dell’accaduto (…) anche in una prospettiva di eventuali richieste risarcitorie», è accusato anche di falso in atto pubblico.

La morte di Elisa Presta era finita sotto la lente degli investigatori dopo un dettagliato esposto anonimo recapitato in Procura nell’autunno del 2013.
Ma il caso sarebbe salito alla ribalta delle cronache nazionali soltanto lo scorso agosto con la diffusione online della “confessione” shock di Cavone, che in un audio registrato di nascosto all’interno del reparto ammetteva di aver «lasciato ammazzare» la donna dai suoi colleghi e puntava il dito in particolare contro il primario.

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