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POTENZA – La conferenza dei sindaci dell’Area Programma Vulture-Alto Bradano oggi dovrà esprimersi su un tema delicato che sta agitando molto le comunità locali. La vertenza della sanità privata, infatti, riguarda questioni come liste d’attesa, prevenzione, servizi.
«La conferenza dei sindaci – spiega il presidente Michele Sonnessa – è fortemente interessata a compiere fino in fondo il proprio dovere istituzionale intervenendo, pur in un ambito di competenza regionale, sulla distribuzione territoriale delle strutture sanitarie del comparto del cosiddetto privato accreditato».
Una riflessione che riguarda livelli occupazionali, investimenti operati dalle imprese del settore, coerenza degli atti amministrativi già adottati, continuità assistenziale verso i cittadini. «Crediamo che sia doveroso, anche in vista di un’accurata attuazione della norma, porre all’attenzione delle istituzioni regionali la fortissima concentrazione territoriale che si registra in questo comparto che, per conseguenza, produce un elevata sperequazione distributiva dell’effettivo diritto dei cittadini ad ottenere una compiuta “equità di accesso” alle prestazioni sanitarie».
«Il comparto costituito dalle strutture sanitarie private – afferma Sonnessa – può e deve essere ritenuto un’opportunità a cui non rinunciare per decine di cittadini che nei territori comunali restano ingabbiati tra la scelta della distanza fisica dalle strutture principali, delle liste di attesa o quella della migrazione fuori regione».
Il tema si inserisce anche in un dibattito più ampio, quello sul «progressivo e inarrestabile fenomeno di spoliazione che i territori subiscono per i tagli di spesa pubblica che producono spesso il risultato di danneggiare concretamente la vita economica e sociale dei cittadini indebolendo così il loro senso civico e la stessa ragion d’essere delle istituzioni democratiche locali».
Il punto di partenza dovrebbe essere «un puntuale censimento dei fabbisogni di prestazioni in chiave territoriale, opportunamente strutturato per funzioni sanitarie». Solo questo sforzo può essere, spiega, il punto di partenza per «operare le giuste scelte di indirizzo per migliorare l’erogazione dei LEA (livelli essenziali di assistenza)».
«Sarebbe poco saggio non valutare un ruolo significativo per quei comuni di confine che potrebbero assicurare prestazioni sanitarie ai propri cittadini e al tempo stesso attrarre flussi dalle regioni limitrofe». Ecco perché «non è possibile quindi astenersi sull’opportunità offerta dalla legge di stabilità di orientare l’intero sistema al principio dell’equità di accesso e quindi a un necessario miglioramento dei livelli essenziali di assistenza per i propri cittadini e per quelli provenienti da altre regioni».

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