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Sequestro all’alba, da parte dei Carabinieri del Noe di Catanzaro, della discarica di rifiuti di Alli di Catanzaro. Il provvedimento è stato emesso al termine delle indagini che hanno permesso di verificare lo sversamento di percolato nel vicino fiume Alli, inquinando, secondo l’ipotesi accusatoria, lo stesso corso d’acqua.
Contestualmente sono stati emessi tre avvisi di garanzia e la gestione della discarica è stata affidata a una società diversa dalla Enertech che operava nell’impianto per conto dell’Ufficio del commissario per l’emergenza rifiuti in Calabria. I carabinieri hanno anche emesso tre avvisi di garanzia nei confronti di amministratori e tecnici della società Enertech.
Si tratta dell’ex amministratore delegato, Stefano Gavioli, dell’ex responsabile tecnico dell’impianto, Loris Zerbin e di Antonio Garrubba, tecnico dipendente della Enertech. I primi due, sempre nella loro qualità di amministratori e tecnici della società, (cariche che comunque non ricoprono più da alcune settimane ma che avevano all’epoca dei fatti contestati questa mattina) risultano indagati anche nell’inchiesta «pecunia non olet» del 4 agosto scorso, che portò al sequestro di beni per circa 90 milioni di euro. Secondo quanto si è appreso, la Procura ha disposto l’affidamento della discarica ad un soggetto terzo al fine di garantire la continuità del servizio. All’impianto di smaltimento di località Alli di Catanzaro confluiscono i rifiuti di molti comuni della provincia oltre che del capoluogo.

I PARTICOLARI
Un meccanismo ormai collaudato per scaricare di giorno e di notte, per almeno cinque giorni a settimana, con un conseguente danno ambientale incalcolabile, il percolato della discarica di Alli direttamente nell’omonimo fiume, a un chilometro di distanza dal mare.
Secondo le ipotesi accusatorie, la società non avrebbe messo in atto alcuna attività di quelle previste per lo smaltimento dei rifiuti, ammassando nella discarica tutto ciò che arrivava a bordo dei camion provenienti dai comuni della provincia di Catanzaro o da altre località della regione. Nel tempo, questo avrebbe portato ad una produzione ingente di percolato, con la vasca di accumulo che si sarebbe presto saturata. Al punto da evidenziarsi lesioni alla struttura e il rischio che la stessa potesse cedere, riversando un milione di metri cubi di percolato nell’ambiente. Una condizione che, come risulta anche dalle intercettazione nei confronti degli indagati, era ben nota ai tre componenti della «Enertech» che avrebbero così deciso di scaricare nel fiume e, quindi, in mare, parte del percolato, con un’azione che avveniva cinque giorni a settimana, in particolare di notte.
Nel corso della conferenza stampa che si è svolta nel Comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri, il procuratore Vincenzo Antonio Lombardo ha sottolineato che «la società veniva pagata secondo capitolato, ma gli obblighi assunti venivano totalmente elusi. Con la nomina di un custode bisognerà ora gestire meglio la discarica, anche se non sarà facile. Ecco perchè il mare è inquinato, con la discarica che non è mai stata a norma, con una gestione che non si è adeguata all’evoluzione normativa».
Una condizione di assoluto pericolo evidenziata anche dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli: «Di fronte a questa situazione di straordinaria gravità – ha detto – il letto del fiume si alzava di diversi centimetri per cinque giorni a settimana, con il punto di scarico del percolato che avveniva a un chilometro di distanza dal mare. In particolare, negli anni 2008, 2009 e 2010 abbiamo potuto constatare che non è stato realizzato nessun controllo sull’impianto, nemmeno rispetto al possibile arrivo di rifiuti radioattivi, e la discarica operava in condizioni assolutamente fuori norma». Nessun rispetto delle regole, dunque, al punto che «il consulente incaricato – ha detto Borrelli – ha equiparato il numero di violazioni riscontrate ad un’attività compiuta senza autorizzazione». Il gip Abigail Mellace, nell’accogliere il provvedimento della Procura, ha richiamato il «carattere sistematico, reiterato, sfrontato delle gravi condotte criminose che, senza alcuna esagerazione, hanno provocato nel tempo un danno ambientale di eccezionale gravità». Il comandante del Reparto operativo provinciale dell’Arma, il tenente colonnello Giorgio Naselli, ha evidenziatola consapevolezza degli indagati, per come emerso dalle intercettazioni, in riferimento a quanto avveniva nell’ impianto di Alli. È stato spiegato, comunque, non ci saranno ripercussioni e la discarica continuerà a funzionare per evitare problemi nel conferimento dei rifiuti.

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