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di VALERIO PANETTIERI
CHE FINE hanno fatto le assunzioni promesse dalla Total nello stabilimento Tempa Rossa? Se lo chiede la Cgil, attraverso le parole del segretario generale Alessandro Genovesi. Una nota che fa praticamente da sponda alla protesta dei sindaci, che già a gennaio avevano cercato di porre l’accento sul problema economico derivante dallo sfruttamento dei territori. I sindaci oggi hanno raccontato di un territorio che annaspa tra bilanci in rosso e maggiore disoccupazione. Dall’altra c’era una promessa, quella delle multinazionali, o meglio l’accordo che serviva a garantire indotto sul territorio e quindi lavoro.
E questo doveva servire anche ai giovani più specializzati. Che avrebbero dovuto riempire gli stabilimenti e ridurre così l’emorragia che da anni vive la Basilicata dal punto di vista occupazionale. Ambiente e lavoro: in questo territorio è difficile mettere insieme le due cose, tra chi difende e chi osteggia il petrolio. In mezzo, ovviamente, ci stanno le royalties, quei soldi che fanno gola a tutti ma che, evidentemente non vengono redistribuiti secondo una logica che favorisca soprattutto le piccole realtà che ruotano attorno al gigantesco gioco dell’oro nero. 
E poi c’è Tempa Rossa, la nuova frontiera delle estrazioni in Basilicata. Da queste parti, stando a quanto dice la Cgil, la Total non sembra aver mantenuto le promesse sulle assunzioni. Nel 2008 alle prime selezioni per l’impiego parteciparono circa tremila persone, a luglio per la selezione finale sono arrivati in 103. Stiamo parlando di persone altamente qualificate “tutti con titoli di studio elevati – scrive la Cgil – ed in molti casi anche con esperienze professionali, nel frattempo maturate nel settore”. Si tratta soprattutto di quelli che saranno i futuri operatori di produzione, quelli che entreranno quindi nel cuore del giacimento. Cinque anni dopo i primi colloqui ecco che si arriva alla luce del tunnel, ma con qualche problema. “L’impegno – scrive Alessando Genovesi – dichiarato da Total, era di giungere ad un primo pacchetto di assunzioni di circa 70 unità (si tratta delle assunzioni dirette in Total da non confondere con gli oltre 1500 addetti alla costruzione da qui al 2015) per un’occupazione complessiva di circa 130-150 dipendenti diretti a tempo indeterminato, a regime. Alla fine sono stati assunti a luglio in 54, senza alcun impegno e prospettive per gli altri 50 ragazzi, a detta degli stessi esaminatori della Total, altamente preparati”. 
Come mai questo cambio di marcia? In quanti si sono tirati indietro dopo cinque anni di attese? Per la Cgil l’atteggiamento non è dei migliori tant’è che il sindacato impone l’assunzione degli altri 16 mancanti all’appello e garantire agli altri 34-35 giovani lucani un diritto di precedenza “in vista delle tante assunzioni che ancora direttamente o tramite grandi aziende che lavoreranno nell’indotto in pianta stabile, la Total deve fare. Sarebbe un gesto prima di tutto di buon senso, avendo già la Total conosciuto e valutato i giovani in questione, laureati in ingegneria e non solo, e sarebbe anche un segnale di attenzione, non enorme in termini quantitativi e di oneri economici, verso i giovani di questa regione più in generale. Chiediamo inoltre a tutte le istituzioni, Regione, Provincia, Comuni, di sostenere ed adoperarsi tutti insieme in questa direzione, sapendo che la “vertenza Total” è vertenza complicata che va dalla richiesta di vincolare almeno l’80% delle maestranze per la costruzione del Centro Oli a manodopera locale, all’esigenza di definire ora uno specifico contratto di sito, con al centro tutela della salute e ambiente, presidi medici e reti avanzate di monitoraggio, clausole sociali e altro”. Insomma, il sindacato vuole dettare condizioni molto strette per la Total, nella speranza che si possa raggiungere un accordo che sia quantomeno favorevole per l’economia lucana. L’apertura del sindacato comunque è anche un monito nei confronti della classe politica: “Sarebbe utile – conclude la Cgil – che dal muro contro muro si passasse ad atteggiamenti ed azioni più costruttive, come del resto non chiede solo il sindacato confederale tutto, ma anche sindaci e associazioni locali”.
v.panettieri@luedi.it

Che fine hanno fatto le assunzioni promesse dalla Total nello stabilimento Tempa Rossa? Se lo chiede la Cgil, attraverso le parole del segretario generale Alessandro Genovesi. Una nota che fa praticamente da sponda alla protesta dei sindaci, che già a gennaio avevano cercato di porre l’accento sul problema economico derivante dallo sfruttamento dei territori. I sindaci oggi hanno raccontato di un territorio che annaspa tra bilanci in rosso e maggiore disoccupazione. 

Dall’altra c’era una promessa, quella delle multinazionali, o meglio l’accordo che serviva a garantire indotto sul territorio e quindi lavoro.E questo doveva servire anche ai giovani più specializzati. Che avrebbero dovuto riempire gli stabilimenti e ridurre così l’emorragia che da anni vive la Basilicata dal punto di vista occupazionale.

 Ambiente e lavoro: in questo territorio è difficile mettere insieme le due cose, tra chi difende e chi osteggia il petrolio. In mezzo, ovviamente, ci stanno le royalties, quei soldi che fanno gola a tutti ma che, evidentemente non vengono redistribuiti secondo una logica che favorisca soprattutto le piccole realtà che ruotano attorno al gigantesco gioco dell’oro nero. E poi c’è Tempa Rossa, la nuova frontiera delle estrazioni in Basilicata. 

Da queste parti, stando a quanto dice la Cgil, la Total non sembra aver mantenuto le promesse sulle assunzioni. Nel 2008 alle prime selezioni per l’impiego parteciparono circa tremila persone, a luglio per la selezione finale sono arrivati in 103. Stiamo parlando di persone altamente qualificate “tutti con titoli di studio elevati – scrive la Cgil – ed in molti casi anche con esperienze professionali, nel frattempo maturate nel settore”. 

Si tratta soprattutto di quelli che saranno i futuri operatori di produzione, quelli che entreranno quindi nel cuore del giacimento. Cinque anni dopo i primi colloqui ecco che si arriva alla luce del tunnel, ma con qualche problema. “L’impegno – scrive Alessando Genovesi – dichiarato da Total, era di giungere ad un primo pacchetto di assunzioni di circa 70 unità (si tratta delle assunzioni dirette in Total da non confondere con gli oltre 1500 addetti alla costruzione da qui al 2015) per un’occupazione complessiva di circa 130-150 dipendenti diretti a tempo indeterminato, a regime. Alla fine sono stati assunti a luglio in 54, senza alcun impegno e prospettive per gli altri 50 ragazzi, a detta degli stessi esaminatori della Total, altamente preparati”. 

Come mai questo cambio di marcia? In quanti si sono tirati indietro dopo cinque anni di attese? Per la Cgil l’atteggiamento non è dei migliori tant’è che il sindacato impone l’assunzione degli altri 16 mancanti all’appello e garantire agli altri 34-35 giovani lucani un diritto di precedenza “in vista delle tante assunzioni che ancora direttamente o tramite grandi aziende che lavoreranno nell’indotto in pianta stabile, la Total deve fare. 

Sarebbe un gesto prima di tutto di buon senso, avendo già la Total conosciuto e valutato i giovani in questione, laureati in ingegneria e non solo, e sarebbe anche un segnale di attenzione, non enorme in termini quantitativi e di oneri economici, verso i giovani di questa regione più in generale. 

Chiediamo inoltre a tutte le istituzioni, Regione, Provincia, Comuni, di sostenere ed adoperarsi tutti insieme in questa direzione, sapendo che la “vertenza Total” è vertenza complicata che va dalla richiesta di vincolare almeno l’80% delle maestranze per la costruzione del Centro Oli a manodopera locale, all’esigenza di definire ora uno specifico contratto di sito, con al centro tutela della salute e ambiente, presidi medici e reti avanzate di monitoraggio, clausole sociali e altro”. Insomma, il sindacato vuole dettare condizioni molto strette per la Total, nella speranza che si possa raggiungere un accordo che sia quantomeno favorevole per l’economia lucana. 

L’apertura del sindacato comunque è anche un monito nei confronti della classe politica: “Sarebbe utile – conclude la Cgil – che dal muro contro muro si passasse ad atteggiamenti ed azioni più costruttive, come del resto non chiede solo il sindacato confederale tutto, ma anche sindaci e associazioni locali”.

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