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COSENZA – C’è una scatola chiusa da quasi 30 anni che potrebbe custodire i segreti dell’omicidio di Roberta Lanzino. Sarà aperta per la prima volta questa mattina nell’aula della Corte di Assise del tribunale di Cosenza, dove (presieduto dal giudice Antonia Gallo) si sta svolgendo il processo a carico dei tre pastori di Cerisano, Alfredo Sansone e i figli Franco e Remo. Franco è accusato di aver violentato e ucciso Roberta insieme a Luigi Carbone. Tutti e tre i Sansone di aver poi fatto scomparire per sempre Carbone per il timore che un giorno potesse raccontare la verità sulla barbara uccisione della studentessa di Rende. 

In questa scatola la Procura di Paola mise una serie di reperti all’epoca raccolti sul luogo dell’assassinio, tra le montagne di Falconara. All’apertura parteciperanno gli uomini del Ris, ai quali la Corte chiederà poi di esaminare i reperti in questione (mai periziati), magari per trovare risposte sull’assassinio. 

Agli stessi militari del Reparto investigazioni scientifiche la Corte consegnerà il braccialetto che Roberta indossava quel maledetto giorno (era il 26 luglio del 1988) e che fu riconsegnato ai familiari dopo l’esame autoptico. E’ stata la madre a darlo ai giudici. Sarà periziato anche il motorino in sella al quale Roberta Lanzino salì per raggiungere i suoi al mare, a Torremezzo. Prese la vecchia strada di Falconara Albanese e lì trovò i suoi assassini. Franco Sansone ha già dato la propria disponibilità per il confronto del Dna.

IL DNA – Ieri la stessa Corte ha sentito in qualità di teste un perito dell’epoca, che esaminò i pantaloni in uso a uno dei cugini Frangella, originariamente accusati di aver ucciso Roberta (alla fine sono stati tutti e tre assolti). L’esperto ha ricordato che su quei pantaloni furono trovate delle tracce ematiche. Ebbene, due dei cinque profili risultarono compatibili col Dna dei genitori di Roberta Lanzino. Ma ciò non poteva dimostrare con certezza il coinvolgimento del Frangella: «Il 15% della popolazione mondiale – ha infatti spiegato ieri il perito dell’epoca – ha queste possibili compatibilità».

LA FIAT 131 – Si è ritornato a parlare della “famosa” Fiat 131 azzurrina, da più testi indicata come l’auto che seguiva Roberta Lanzino lungo la vecchia strada della Falconara. Si è ipotizzato che i Sansone ne avessero una. Tesi in queste ultime udienza non confermata da altri testi. Ieri per esempio è stato sentito un cugino dei Sansone. Ha detto che aveva una Fiat 131 ma di non averla mai prestata ai Sansone anche perchè in quel periodo non erano in ottimi rapporti. Ha quindi aggiunto che allora gli attuali imputati possedevano una Fiat 127 e una Fiat Punto. Nessuna 131.

Si riprenderà dunque già questa mattina, con i reperti sopra citati che saranno ufficialmente consegnati al Ris. Franco e Remo Sansone sono difesi dall’avvocato Enzo Belvedere; il padre Alfredo dall’avvocato Armando Veneto. La famiglia Lanzino si è costituita parte civile tramite gli avvocati Elena Coccia, Ornella Nucci e Marina Pasqua. Si è costituita parte civile anche la famiglia di Luigi Carbone. La rappresenta l’avvocato Sergio Calabrese.

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