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FILADELFIA – È una storia come tante altre. Di forza di volontà, di speranze, anche di illusioni. Che alla fine si sono tramutate in certezze. Splendide certezze: un lavoro, un matrimonio e l’imminente arrivo del primogenito.

Sembra, quindi, una storia a lieto fine. Come il bruco lascia il bozzo nel quale è rimasto per lungo tempo per trasformarsi in una splendida farfalla. Sembra ma, purtroppo, non lo è. Roberto Dastoli è, infatti, deceduto in un incidente sul lavoro due giorni fa. La sua è la storia di chi ha dovuto soffrire nell’abbandonare il proprio paese, gli affetti, le frequentazioni e abitudini per cercare lavoro altrove. Questo maledetto lavoro che in una terra depressa come la Calabria non si riesce a trovare tranne se non conosci qualcuno di importante o se ti assumono in nero e quindi senza garanzie né contrattuali né per la propria incolumità. Di storie come quella del 34enne di Filadelfia sono pieni gli archivi. Lui, figlio come tantissimi altri di questa terra amata ed odiata allo stesso tempo, era giunto alla dolorosa conclusione che bisognava recidere, anche se non del tutto, i suoi legami con essa. 

Come gli emigranti degli anni ’60 e ’70, aveva scelto di dare una svolta alla sua vita: trasferirsi nel Settentrione. Ma non in Italia. Sì, perché la sua destinazione si trovava ancora più a nord della Penisola, valicando, dunque, la catena alpina: La Svizzera era, così, diventata la sua “promise land”. Terra di ricchezze, di regole e di tranquillità. Una terra nella quale poter progettare il proprio futuro. E così, valigie in mano, dieci anni addietro era giunto nel cantone San Gallo, nel nord-est. L’ambientamento, in un territorio completamente diverso da quello nel quale era nato e cresciuto, era proseguito pari passo all’apprendimento di una lingua non semplice come il tedesco parlato dall’88% della popolazione. L’italiano invece solo dal 2%. Qualche connazionale, tuttavia, si incontrava nella cittadina di Schmerikon, un centro di poco più di 3500 anime bagnato dall’incantevole Lago di Zurigo, specchio d’acqua incastonato tra le Alpi innevate. Il luogo ideale  per il 34enne che proprio qui aveva trovato l’amore sposando l’anno scorso Marianna Rotunno che avrebbe dovuto renderlo presto padre. Ogni tassello del puzzle della sua vita si stava, quindi, posizionando nel posto giusto per questo ragazzo calabrese in terra svizzera: una moglie, l’arrivo del primogenito e un lavoro presso una ditta edile della città. Ma proprio la sua occupazione ha posto la pietra tombale sul suo futuro. Roberto non vedrà nascere il suo piccolo, non potrà giocarci e vederlo crescere insieme alla sua donna. Roberto è, purtroppo, morto schiacciato da un escavatore il 3 maggio in una tipica mattina primaverile. Una notizia tremenda giunta in Calabria, all’orecchio dei suoi cari, nel giro di poche ore. Congiunti, amici e semplici conoscenti adesso lo piangono e ricordano i momenti in cui ogni anno tornava a Filadelfia per respirare l’aria della familiarità. Piangono oggi, nella chiesa di Santa Barbara in occasione dei funerali, quel ragazzo gioviale che per crearsi un futuro ha dovuto lasciarli a 1500 km di distanza trovando, però, la morte. Era partito carico di speranze e volontà ma è tornato in una bara.

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