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REGGIO CALABRIA – Rosy Canale, la fondatrice e coordinatrice dell’associazione antimafia “Movimento delle donne di San Luca” (LEGGI IL PROFILO), arrestata nei giorni scorsi nell’ambito di una inchiesta della Dda reggina per peculato e truffa, ma non per reati mafiosi, ha iniziato lo sciopero della fame per protestare per la decisione del Gip che ha rigettato l’istanza di revoca degli arresti domiciliari. Lo ha reso noto il legale della donna, l’avv. Giancarlo Liberati che ha parlato di ”ingiustificato accanimento”. 

Secondo l’accusa la donna, che è autrice ed interprete di testi teatrali incentrati sui temi della lotta alla ‘ndrangheta, avrebbe distratto i fondi liquidati all’associazione per scopi personali (LEGGI LE SPESE DI CANALE). “La signora Rosy Canale, in atto sottoposta alla misura della custodia cautelare degli arresti domiciliari – ha scritto l’avv. Liberati in una nota – ha ricevuto in data odierna la notizia del rigetto dell’istanza di revoca, presentata a margine dell’udienza in cui è stata sottoposta ad interrogatorio di garanzia dove ha risposto per oltre tre ore a tutte le domande formulate dal Gip di Reggio Calabria Domenico Santoro. In segno di protesta, per l’ingiustificato accanimento, la signora Canale ha deciso di iniziare da subito uno sciopero della fame che proseguirà ad oltranza fino a quando non le saranno riconosciuti i propri diritti”. 
“Le infamanti accuse a carico della signora Canale, almeno per quanto è dato evincere dalla lettura dell’ordinanza – ha aggiunto il legale – sono ricavate esclusivamente da una ricostruzione interpretativa di frasi estrapolate da vari contesti ed intercettate tra il 2009 ed il 2010. La sproporzione della misura restrittiva a cui la signora Canale è sottoposta commisurata ai reati contestati, la macroscopica anomalia di un’indagine condotta dalla Dda per reati di competenza della Procura ordinaria, l’inserimento in una più vasta operazione che vede altri cinque indagati per reati di mafia, che nessun collegamento diretto o indiretto hanno con la signora Canale, nonchè il nome stesso dell’operazione, denominata ‘Inganno’, si commentano da soli e lasciano spazio a numerose, inquietanti domande che dovrebbero offrire agli addetti ai lavori ed all’opinione pubblica spunti di profonda riflessione”. 
“Il quadro della vicenda – ha concluso Liberati – appare ancor più grave ed assolutamente incomprensibile se si tiene conto del ruolo svolto, da molti anni e sino a pochi giorni orsono, dalla signora Canale che è bene si sappia è incensurata e certamente non ha mai tenuto un tenore di vita superiore alle sue modeste possibilità di donna onesta e coraggiosa, appartenente ad una famiglia perbene lontana anni luce dal malaffare che l’indagine ancora in corso ha profondamente offeso”.
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