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POTENZA – Secondo i dati diffusi dalla Regione non serve un pozzo in più: basta incrementare la produzione giornaliera di quelli esistenti di un quarto e in Basilicata potrebbero arrivare 250milioni all’anno di gettito fiscale “deviato” per infrastrutture e lavoro. Peccato che i numeri raccontino un’altra verità e ai livelli attuali per arrivare a quelle cifre la produzione non andrebbe raddoppiata, ma moltiplicata di almeno 20 volte.

E’ vero che la trattativa col Governo per l’aumento delle estrazioni di petrolio e gas è ripartita da zero, ma a via Verrastro servirà rimettersi presto al lavoro per evitare figuracce al prossimo incontro al Ministero o una brutta sorpresa per i lucani.

Si tratta degli effetti dell’emendamento al decreto attuativo del “fondo Memorandum” proposto dalla Regione al Ministro per lo sviluppo economico Federica Guidi.

Tra le novità c’è l’abolizione di un requisito soggettivo e un requisito oggettivo per attivare il meccanismo di alimentazione del fondo. Ovvero che le compagnie petrolifere abbiano sede legale in regione, e che i progetti siano necessariamente «nuovi».

L’intenzione sembra abbastanza evidente, ed è quella di “tirare dentro” anche Total Italia, che ha sede legale a Roma e nel 2016 dovrebbe iniziare a estrarre 50mila barili al giorno sulla base del protocollo d’intesa sottoscritto nel 2004 e tradotto in un accordo con la Regione nel 2006.

D’altra parte l’emendamento propone anche l’abolizione della soglia dei 50milioni di euro all’anno da destinare al fondo, che appariva comunque superabile, e la sostituzione dell’aliquota da applicare al gettito Ires prodotto dalle compagnie interessate passando dal 30% al 20%.

Il risultato è difficile da calcolare con precisione, ma se si prendono i dati dichiarati da Eni nel suo bilancio 2013 ci si può fare un’idea. Basti pensare che in un anno per tutte le sue attività italiane la compagnia del cane a sei zampe ha versato soltanto 262 milioni. Si badi bene: tutte le sue attività; non solo ricerca, estrazione, raffinazione e distribuzione di idrocarburi in Italia, per cui la Basilicata ai livelli attuali di produzione pesa quasi per il 30%. Ma anche facendo finta che sia così il gettito Ires prodotto da ogni barile estratto in Val d’Agri non superebbe i 4 euro.

Con un quoziente del genere, se dovesse mantenersi inalterato anche con l’aumento di produzione di cui si parla dal 2011, ovvero 25mila barili al giorno in più, è difficile che i soldi versati nel fondo superino i 10 milioni l’anno, sia con l’aliquota del 20 che del 30% del gettito Ires.

Fatti due conti per arrivare ai 250milioni l’anno di cui continua a parlare la Regione occorrerebbe aumentare la produzione di quasi sei volte, sommando almeno 580mila barili al giorno ai 104mila autorizzati in Val d’Agri.

Un po’ diversa la situazione nel caso in cui dovesse resistere l’idea di sollecitare le compagnie petrolifere a costituire delle società ad hoc in regione, che in pratica dovrebbero avere soltanto il compito di intermediare il greggio estratto in loco. Ma anche ammesso, per assurdo, che riescano, e abbiano davvero voglia di trasformare in reddito imponibile il 100% del valore di quanto portato in superficie, scaricando tutti ma proprio tutti i costi di produzione sulle società madri, anche allora i numeri non ci sarebbero.

Da 25mila barili in più al giorno il fondo, nato per gestire «le maggiori entrate fiscali» dei «nuovi investimenti di ricerca e sviluppo delle risorse energetiche nazionali strategiche di idrocarburi», non riceverebbe che 80milioni di euro al massimo in un anno. Per arrivare a 250milioni occorrerebbe comunque triplicare l’aumento di estrazioni, trivellando quanto serve. Di fatto quindi almeno raddoppiare gli attuali livelli di produzione di Eni e aumentare quelli previsti di Total di un 60% per cento, come d’altronde i vertici di entrambe le società si sono già detti pronti a fare.  Ma si tratta solo di una simulazione per assurdo.

In realtà l’aumento di produzione richiesto dovrebbe essere molto molto maggiore, se non proprio di 6 volte giù di lì, e con ogni probabilità sproporzionato rispetto alle riserve di greggio stimate nel sottosuolo lucano.

Ecco perché molti dei loro sogni di infrastrutture e lavoro coi soldi del petrolio sono destinati a rimanere nel cassetto. 

l.amato@luedi.it

 

 

 

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