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COSENZA – La Procura di Cosenza ha chiuso le indagini nei confronti di 10 persone coinvolte nella morte di Cesare Ruffolo, avvenuta nel luglio del 2013 a seguito di una trasfusione contaminata dal batterio gram-negativo “serratia marcescens”. Le indagini, coordinate dai sostituti procuratori Salvatore Di Maio e Paola Izzo, sono state condotte dai carabinieri del Nas di Cosenza. Nell’inchiesta sono indagati i vertici ed alcuni medici dell’azienda ospedaliera di Cosenza.
I magistrati della Procura di Cosenza contestano il reato di rifiuto di atti d’ufficio al direttore generale dell’azienda ospedaliera, Paolo Maria Gangemi, al direttore sanitario aziendale Francesco De Rosa ed al direttore del centro trasfusionale dell’azienda ospedaliera Marcello Bossio. In particolare viene contestata la mancata adozione di un adeguato piano di azioni correttive rispetto a 65 criticità rilevate sin dal settembre del 2012 da una struttura di controllo della Regione Calabria durante una visita ispettiva presso il servizio trasfusionale.
Il reato di omessa denuncia di reato viene contestato al direttore del dipartimento sanitario di medicina, Pietro Leo, ed al responsabile Ssd rischio clinico, Addolorata Vantaggiato, perchè dopo la morte di Cesare Ruffolo non hanno proceduto a nessuna comunicazione all’autorità giudiziaria. I magistrati hanno mosso l’accusa di somministrazione di medicinali guasti nei confronti del direttore medico di presidio unico dell’ospedale Annunziata di Cosenza, Osvaldo Perfetti, e del direttore dell’Uoc di immunoematologia, Marcello Bossio. Secondo l’accusa i due, pur essendo a conoscenza della contaminazione delle sacche ematiche contaminate, non adottavano alcuna misura idonea ad impedirne l’utilizzo. A Bossio e Perfetti viene contestato anche il reato di morte in conseguenza di altro reato doloso. A Mario Golè e Maria Maddalena Guffanti, rispettivamente legale rappresentante e direttore di produzione tecnica della “Germo spa”, si contesta il reato colposo di commercio e distribuzione di sostanze adulterate in modo pericoloso per la salute pubblica. Nei confronti di Salvatore De Paola e Luigi Rizzuto, rispettivamente direttore sanitario e dirigente medico in servizio presso il presidio ospedaliero di San Giovanni in Fiore, si contesta l’omicidio colposo.
Secondo la Procura i due avrebbero permesso che la raccolta, il prelievo e la conservazione del sangue avvenissero in locali e condizioni inidonee, in violazione della normativa speciale dettata in materia. Ai due medici vengono contestate anche le lesioni personali colpose ai danni di Francesco Salvo, il quale, nel giugno del 2013, a seguito di una trasfusione di sangue contaminato, subì uno shock settico.

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