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COSENZA – Sembra destinata ad allargarsi l’inchiesta relativa alla morte di Cesare Ruffolo, il pensionato rendese deceduto otto ore dopo aver subito una trasfusione di sangue all’ospedale dell’Annunziata a Cosenza (LEGGI LA VICENDA). I legali della famiglia del pensionato – Massimiliano Coppa, Paolo Coppa, Luigi Forciniti e Chiara Penna – hanno infatti depositato una terza denuncia-querela in Procura. La nuova querela prende spunto dalla lettera aperta del presidente dell’ordine dei Medici di Cosenza, Eugenio Corcioni, che abbiamo pubblicato sulle nostre colonne. Nella lettera, fra le altre cose, il dottor Corcioni ricordava come il Servizio Trasfusionale di Cosenza è stato oggetto, nel mese di settembre 2012, di un’ispezione condotta da un gruppo di esperti nominato dalla Struttura commissariale e con la presenza, al suo interno, di un componente nominato dal Ministero. I risultati dell’ispezione, che evidenziava criticità rilevanti, venivano formalmente notificate alle autorità sanitarie direttamente interessate (cioè il direttore generale, il direttore sanitario aziendale e il direttore del servizio) nel mese di ottobre 2012. Non solo, ma con la nota di accompagnamento al report ispettivo, si chiedeva al direttore generale di adottare, in tempi rapidi (15–30 giorni), i necessari interventi. «Se tutto quanto sopra evidenziato è vero, ed è vero – dice Corcioni – è evidente, quindi, che il Servizio non funzionava ed era inidoneo. Peggio: era pericoloso, per cui bisognava intervenire urgentemente. Lo sapeva la Regione Calabria, lo sapevano i direttori interessati, lo sapeva il rappresentante del Ministero. Che cosa è stato fatto a seguito dell’ispezione: nulla». 

C’E’ STATO UN ALTRO CASO – Insomma erano in molti a sapere ma nessuno ha agito. Da qui la nuova querela dei legali di Ruffolo che immaginano responsabilità, per comportamenti omissivi, che vanno oltre il management dell’azienda ospedaliera. Le novità sul caso del sangue infetto, però, non sono finite qui. Ciò che ha spinto i legali di Ruffolo a sporgere ulteriore querela è stata anche la scoperta di un ulteriore caso possibile di infezione. Gli avvocati lo hanno scoperto leggendo la cartella clinica del loro assistito. In essa era contenuta una relazione di Alfonso Noto, primario dell’Unità Operativa complessa di Medicina generale “Valentini” che faceva riferimento ad un altro caso di un uomo di 40 anni cui era stato però correttamente somministrata una cura di antibiotica che è riuscito a salvarlo. La comparazione e la verifica dei due casi sarà rivolta alle patologie del sangue sovrapponibili al periodo di tempo in cui si sono verificati gli eventi lesivi e letali, scandagliando eventuali similitudini infettivologiche e microbiologiche, che impongono un attento vaglio medico legale. 

VERIFICHE ANCHE SUI PARAMEDICI – L’altra importante novità è l’acquisizione da parte del collegio di difesa, come indagini difensive, del Protocollo sull’Igiene delle mani in uso presso l’Azienda Ospedaliera di Cosenza dal quale verrà effettuata la verifica sull’impatto e sui principali fattori di rischio oltre che alle strategie di sorveglianza e controllo, cioè se le stesse siano state o meno rispettate e vigilate dai vertici dell’Ospedale ed applicate dal personale medico paramedico. Ciò in riferimento alla problematica apparsa dopo qualche giorno la denuncia e in particolare circa l’ipotesi secondo la quale “…su un innocuo beccuccio di plastica vi era il germe del sangue killer…”. 

Sul punto i difensori della famiglia precisano che «raccogliendo l’istanza proveniente dalla letteratura scientifica internazionale e dai trattati, ma anche dai nostri consulenti, ci risulta che il sangue, per definizione, è un prodotto sterile e non può essere contaminato da un germe patogeno. Altrettanto sterile, per definizione, doveva essere – continuano i legali –  il sangue contenuto nella sacca trasfusa al compianto Cesare Ruffolo in uso presso un ospedale come quello di Cosenza che, per come è noto, per bacino d’utenza di oltre 400.000 unità, è dotato non solo di una Unità Operativa di microbiologia con laboratorio di analisi, ma soprattutto di un laboratorio sierologico proprio preposto obbligatoriamente alla verifica continua del sangue raccolto e trasfuso».

AUTOPSIA AFFOLLATA SULLA VITTIMA – Intanto ieri è stata eseguita l’autopsia sul corpo di Ruffolo presso il cimitero di Cosenza. La salma è stata estumulata dal cimitero di Rende e portata alla sala settoria dell’obitorio del cimitero di Cosenza. Una scelta alquanto particolare che con ogni probabilità è dovuta al cattivo funzionamento delle celle frigorifere dell’Annunziata (vicenda che è già oggetto di un altro procedimento penale).

All’autopsia hanno assistito un bel po’ di persone fra il collegio difensivo della famiglia, quello dei sette indagati, i periti di parte e della Procura. Tanta gente, insomma, al punto che il Comune ha dovuto chiudere al pubblico l’accesso al cimitero per tutta la mattinata. Per gli indagati, fra gli altri, erano presenti gli avvocai Franz caruso, Gianluca Bilotta, Ernesto d’Ippolito e Ornella Nucci. I consulenti tecnici del pm erano i professori Liso, Carbonara e Solarino dell’Università di Bari, mentre i difensori della famiglia hanno nominato il Prof. Angelo Fiori ed il Prof. Ido Lista dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Policlinico Gemelli di Roma. Altri consulenti tecnici sono stati nominati dai legali degli indagati. 

ANNUNCIATA INTERROGAZIONE PARLAMENTARE – Il deputato del Pd Ernesto Magorno presenterà una interrogazione al Ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, sul caso del paziente dell’ospedale di Cosenza deceduto lo scorso 4 luglio, dopo una trasfusione di sangue infetto e degli sviluppi ulteriori della vicenda. 

Delle gravi criticità e inefficienze del centro evidenziate dalla suddetta ispezione, quindi, erano stati informati oltre che i direttori interessati (direttore generale, direttore sanitario aziendale, direttore del servizio), anche la Regione Calabria e il Ministero. Inoltre alla Regione erano negli anni pervenute richieste per far si che venissero rispettate le norme riguardanti i centri trasfusionali non solo di Cosenza ma di tutta il territorio regionale”.

“Delle gravi criticità e inefficienze del centro evidenziate dalla suddetta ispezione – scrive il parlamentare – erano stati informati oltre che i direttori interessati (direttore generale, direttore sanitario aziendale, direttore del servizio), anche la Regione Calabria e il Ministero. Inoltre alla Regione erano negli anni pervenute richieste per far si che venissero rispettate le norme riguardanti i centri trasfusionali non solo di Cosenza ma di tutta il territorio regionale”. Magorno chiederà quindi al Ministro “di accertare i motivi per i quali dopo l’indagine ispettiva del 2012 non sono stati adottati immediatamente i necessari provvedimenti e se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per verificare le effettive condizioni in cui versa il Servizio trasfusionale dell’Annunziata di Cosenza e del resto della Calabria e intervenire perchè siano risolte le criticità emerse evitando il ripetersi di ulteriori tragici episodi come quello dello scorso 4 luglio”. 

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