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CROTONE – Sono due – una coordinata dalla Procura di Crotone, l’altra da quella di Catanzaro – le indagini della Guardia di finanza sul progetto per la realizzazione del Marrelli Hospital, il polo oncologico dell’imprenditore Massimo Marrelli, marito della presidente facente funzioni della Regione Antonella Stasi. La struttura era quasi completata quando è scattato, preceduto da un ordine di sospensione dei lavori, l’annullamento del permesso di costruire rilasciato nel febbraio scorso dal Comune. 

Il Comune è tornato sui suoi passi, revocando il permesso per la realizzazione dell’ala che dovrebbe ospitare i reparti di radioterapia e radiologia, sulla base di un approfondimento giurisprudenziale che, come anticipato dal Quotidiano, ha indotto la dirigente del settore Urbanistica, Elisabetta Dominianni, a ritenere che la validità del permesso di costruire già concesso possa essere inficiata per il fatto che soltanto due terzi dei comproprietari del complesso immobiliare dell’ex clinica Villa Giose, dalle cui ceneri, secondo gli intenti di Marrelli, dovrebbe sorgere il polo oncologico d’eccellenza, diedero l’ok all’esecuzione degli interventi. «Non è condivisibile la scelta fatta dal Comune di Crotone che blocca un privato che costruisce, favorendo di fatto un altro privato che ha fatto ricorso, mentre tutti sono in attesa della decisione del Tar», osserva intanto il comitato del Marrelli Hospital con riferimento al fatto che l’avvocato Patrizia Ciacci, che assiste Lucia De Santis, comproprietaria in comunione del complesso immobiliare, ha proposto ricorso al Tar (anche se la richiesta di sospensiva è stata bocciata). 

Il fascicolo d’indagine della Guardia di finanza di Crotone, che indaga sugli aspetti di propria competenza e ha acquisito nei mesi scorsi carte in Municipio, dovrà ora essere aggiornato non appena l’annullamento del permesso di costruire sarà pubblicato sull’albo pretorio del Comune, anche se i sospetti degli inquirenti si appuntano soprattutto sull’autorizzazione sanitaria. L’indagine partita da Crotone è, infatti, precedente a quella di Catanzaro, innescata da esposti incentrati su presunti conflitti d’interesse e presunte irregolarità nell’iter burocratico. Ed è precedente alla soppressione, disposta nel luglio scorso dalla commissione parlamentare Politiche sociali, dell’emendamento che avrebbe dato il via libera alla creazione di strutture sanitarie senza passare attraverso l’ok della Regione; si è tornati, infatti, al punto di partenza, mancando ancora il piano dei fabbisogni della rete di assistenza.

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Ma manca anche la pronuncia su requisiti di tipo organizzativo, strumentale e tecnologico da parte della nuova commissione dell’Asp di Reggio. Insomma, gli scogli per Marrelli, sono due. Quello relativo all’autorizzazione sanitaria, senza la quale non può neanche essere chiesto l’accreditamento presso il servizio pubblico, e quello relativo al permesso di costruire, e non è da escludere che in ordine al provvedimento del Comune Marrelli non valuti un ricorso al Tar. Difficile, infatti, credere che voglia rinunciare ai soldi investiti ricorrendo anche a prestiti bancari, considerato che il Comune, contestualmente all’annullamento del permesso, ha ordinato la demolizione delle opere «illegittimamente eseguite».

Intanto, la deputata grillina Dalila Nesci, che aveva presentato un’interrogazione parlamentare sul Marrelli Hospital, sostiene che «stanno emergendo, grazie alle interrogazioni e agli esposti del M5S, conflitti d’interesse, abusi e forzature che hanno trovato nelle nomine illegittime dei commissari delle aziende sanitarie il punto estremo» e auspica che «l’epilogo» della struttura sanitaria crotonese «serva a riconsiderare con attenzione la vicenda della Fondazione Tommaso Campanella, che prova il fallimento della politica calabrese».

 

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