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La scelta delle figure chiamate a svolgere ruoli di grande responsabilità nel contesto regionale sta producendo, come è giusto che sia, un dibattito che trova occasione ma non si esaurisce (e sarebbe riduttivo farlo) intorno alle nomine dei direttori generali delle aziende sanitarie, e che nemmeno può e deve essere irretito fra grida ripetitive di denunce all’occorrenza riciclate e correntismi o posizionamenti di convenienza. Nei sistemi democratici la razionalità delle scelte, sulla base di parametri predefiniti, schemi logici, direttive note, consente sia la comprensione che l’accettazione ovvero la contestazione delle stesse. Quando, nel campo politico e istituzionale, si attenua od offusca la intelligibilità oggettiva, che non comporta la condivisione soggettiva, la razionalità democratica ne soffre.Abbiamo sempre dubitato che il semplice gioco politico, svolto esclusivamente sul piano dell’abilità tattica, rispondesse alla missione propria della politica.
Ma se l’autoreferenzialità e l’improduttività (se non dannosità) sociale e culturale del tecnicismo politico possono essere celate o velate in epoca di forte motivazione collettiva, per contro, in tempo di crisi e di contestazione, vengono denudate e rivelate clamorosamente.Sarebbe opportuno che queste riflessioni non fossero ignorate o sottovalutate nel dibattito pubblico aperto a cavallo fra il vecchio e il nuovo anno a proposito di modifiche della maggioranza, riassetto della giunta regionale, selezione dei responsabili degli enti e istituti della sanità pubblica, individuazione dei vertici di importanti società regionali, per fare un richiamo agli appuntamenti recenti e prossimi.
L’esaltazione del metodo democratico vorrebbe che, al momento della decisione, o addirittura all’avvio del processo che ad essa conduce, si evidenziassero i resoconti, si esplicitassero le valutazioni sulla efficacia delle impostazione prescelte, si aggiornassero le cornici di riferimento, si indicassero gli obiettivi, si enunciassero i criteri sulla base dei quali ci si orienterà.
La mera comunicazione di un esito decisionale alimenta sospetti e dietrologie, priva l’opinione pubblica di fattori di riscontro, mortifica il ruolo dei partiti e della partecipazione politica.Gli interrogativi sollevati e le perplessità manifestate in questi giorni gemmano da un deficit informativo e motivazionale, colmato solo dalle indiscrezioni più o meno fondate e dai tentativi di produrre veline più o meno veritiere. La gestione delle aziende sanitarie – anche in vista di un Piano sanitario ormai troppo e solo declamato – avrebbe bisogno di competenze appropriate e verificate, di obiettivi dichiarati e di congruità delle professionalità conclamate, di ponderata relazione con i territori e le comunità.
In particolare, sarebbe stato necessario valutare l’avviato processo di risanamento economico della azienda sanitaria materana e l’azione di rilancio di importanti strutture ospedaliere e interrogarsi su quello che sarebbe occorso per procedere sulla strada intrapresa o – all’opposto, nella remota ipotesi di giudizio negativo – cambiare e in quale direzione. Tanto più in una fase in cui è aperta la discussione sull’equilibrio complessivo che deve raggiungersi nel sistema sanitario regionale, non solo sul piano finanziario, ma anche su quello delle correlazioni fra unitarietà e specializzazioni, “regionalità” e policentrismo territoriale, e che proprio per questo non deve essere inquinata da sospetti di reconditi disegni egemonici o marginalizzanti (aggravati da preoccupanti chiusure o sospensioni di reparti al Madonna delle Grazie, come emodinamica, gastroenterologia, chirurgia cardiovascolare, e da impropri ritorni al passato nel riparto delle risorse regionale e non sempre convincenti avvii di collaborazioni extraregionali).
Paghiamo ancora caramente il prezzo di scelte imposte in un passato non molto lontano per non interrogarci seriamente e dare una risposta convincente a quanti – non possiamo dire a torto – lamentano una mobilità professionale a senso unico in Basilicata lungo la direttrice Ovest-Est: un pendolarismo che riguarda, purtroppo, esclusivamente i ruoli di più alta responsabilità, dei quali, evidentemente, Matera sembra dover essere mera destinataria o utilizzatrice e non anche generatrice ed esportatrice verso il capoluogo regionale.
E’ un tema generale, che va oltre l’attuale contingenza, ma che ha anche un suo risvolto politico, se la memoria risale anche solo alle elezioni amministrative materane del 2010.
C’è da augurarsi che nelle prossime settimane, già dal completamento dei menagements sanitari, possano giungere segnali e correttivi che fughino le preoccupazioni molto diffuse nella Città dei sassi e nella sua provincia sia riguardo alle risorse professionali che ai destini e al carico di competenze delle strutture sanitarie in questo emisfero regionale, proprio per cogliere i progressi realizzati nel tempo trascorso, che registra un apprezzamento ampiamente positivo.
Così come, più complessivamente, nelle future risoluzioni politiche non ci si potrà astenere da un bilancio delle scelte di inizio legislatura, per stimarne i risultati e stabilire se seguire ancora quella rotta oppure cambiarla, in ogni caso considerando che una forzata reductio del campo politico, anche solo all’interno del Partito democratico, non è riproponibile né tollerabile.Nel dibattito sulla Finanziaria è stato annunciato un semestre costituente. Abbiamo voluto lanciare un messaggio di innovazione istituzionale che, in relazione al processo di riforma dello Statuto, sapesse cogliere le ansie e le novità del presente, rendesse partecipato e aperto il confronto su come il sistema pubblico debba coniugare efficienza, trasparenza, ed economicità, e, prima ancora, su quanto deve svolgere direttamente e a quale livello.Questo processo ha senso e possibilità di successo se è concepito e vissuto come una effettiva priorità, non può essere inficiato da metodi e pratiche che la minano alle fondamenta, alimentano spinte divergenti nelle classi dirigenti, chiamati nel loro complesso a una coralità incompatibile con la conservazione o l’ulteriore coltivazione di asimmetrie, con bilanciamenti incomprensibili, e distonie in cui vi siano toni e accordi prevaricanti.

Vincenzo Santochirico

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