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REGGIO CALABRIA – L’archivio segreto di Claudio Scajola è emerso nel corso di una seconda perquisizione a carico dell’ex ministro. Una perquisizione che avrebbe portato alla scoperta di una chiavetta ed altro materiale informatico dai contenuti «sensibili e delicati». Secondo quanto trapelato era nascosto in alcune nicchie scavate nel muro. In piccoli vani nascosti da quadri o stampe. In alcuni casi coperti ad occhi indiscreti da armadietti leggeri, tali da poter essere spostati da una sola persona. 

Nella prima perquisizione non era emerso nulla di particolarmente interessante, ma è proprio analizzando alcuni file che i magistrati che conducono l’inchiesta sulla fuga di Amedeo Matacena a Dubai (il pm della Dda Giuseppe Lombardo e l’aggiunto della Dna Francesco Curcio) si sono convinti a firmare un secondo decreto di perquisizione, eseguito dopo la prima dell’8 maggio scorso. Una scelta compiuta alla luce del fatto che da alcuni documenti spuntavano riferimenti ad altri fascicoli e a cartelle informatizzate che però non erano state immediatamente trovate. 

La notizia del ritrovamento, però, viene fermamente negata dai legali dell’ex ministro Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito i quali precisano che non ci sarebbe alcun «archivio segreto nascosto nelle nicchie dei muri della villa di Claudio Scajola».

L’AUDIO DELL’INTERROGATORIO/1: “MAI FATTO AFFARI CON I MATACENA”

L’AUDIO DELL’INTERROGATORIO/2: “SPEZIALI MI INVITO A CENA”

L’AUDIO DELL’INTERROGATORIO/3: “FECI CONTROLLARE LA TARGA DI CHIARA”

Intanto ieri il Gip di Reggio Calabria ha accolto la richiesta della Dda e rigettato quella dei difensori dell’ex ministro. Quindi via libera al processo con rito immediato per l’ex ministro Claudio Scajola, Chiara Rizzo ed altre tre persone nell’ambito dell’inchiesta sui presunti aiuti alla latitanza dell’ex deputato di FI Amedeo Matacena. Il processo è stato fissato il 22 ottobre. Era stata invece stralciata dalla stessa Dda la posizione di Matacena, che attualmente si trova a Dubai dopo la condanna a tre anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo con rito immediato è stato disposto anche per il factotum di Matacena Martino Politi e per le segretarie di Matacena e Scajola, Maria Grazia Fiordalisi e Roberta Sacco. Mentreè stata rigettato la richiesta di revoca degli arresti domiciliari per Scajola. Lo scorso 13 giugno l’ex ministro aveva lasciato il carcere romano di Regina Coeli per scontare i domiciliari presso la sua abitazione ad Imperia. 

Per Chiara Rizzo, invece, i giudici del Tribunale della libertà di Reggio Calabria si sono riservati di decidere su due ricorsi presentati dagli avvocati Carlo Biondi e Bonaventura Candido, per chiedere la liberazione della loro assistita, attualmente ai domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sui presunti aiuti alla latitanza del marito Amedeo Matacena. I ricorsi contestano due decisioni prese dal gip durante le indagini. Il primo è contro l’ordinanza del gip Olga Tarzia che aveva rigettato l’istanza di immediata liberazione della propria assistita che era stata chiesta dai legali «essendo la misura cautelare priva di efficacia per nullità dell’interrogatorio di garanzia». Nullità che ad avviso dei difensori della Rizzo nasceva dalla decisione del gip di reiterare per altri cinque giorni il divieto di colloquio tra la donna ed i legali dopo che era stata arrestata – l’11 maggio – a Nizza, facendo partire il divieto dal rientro in Italia, avvenuto il 20 maggio. Il secondo ricorso è contro il rigetto, sempre da parte del gip, della revoca della misura cautelare 

Politi, Scajola e Rizzo sono attualmente ai domiciliari dopo essere stati arrestati lo scorso maggio. Secondo l’accusa, Scajola e Chiara Rizzo erano i protagonisti di un progetto che prevedeva il trasferimento di Matacena da Dubai a Beirut dove, in teoria con la complicità di Vincenzo Speziali, il latitante avrebbe potuto ottenere l’asilo politico. Il piano avrebbe avuto anche l’obiettivo di far sparire il patrimonio dell’ex deputato, attraverso una serie di prestanome, per evitarne il sequestro.

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