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Il vicepresidente di Libera, don Marcello Cozzi, in un’intervista pubblicata ieri dalla Gazzetta del Mezzogiorno, rilancia l’appello del giornale a riprendere le indagini sull’omicidio Di Mare, avvenuta a Scanzano nel ’93. E tra le piste investigative sollecita di sentire il pentito Francesco Fonti, Ciccillo da Bovalino. Dice il sacerdote antimafia che Fonti potrebbe sapere molto dei rifiuti nocivi nelle aree meridionali e “potrebbe essere  al corrente di altri fatti relativi all’area jonica lucana su cui, sinora, ha taciuto”. Peccato solo una cosa, caro don Marcello, cari lucani: Ciccillo Fonti è morto da oltre un anno e sicuramente starà guadagnando il paradiso con uno stazionamento prolungato in purgatorio per le non poche bufale che spesso ha raccontato. C’è un rischio serio a parlare di mafia e ‘ndrangheta in una regione come la Basilicata: se tutto è mafia nulla più lo è. Allora se al nobilissimo appello a riaprire le indagini su  un pericoloso giallo lucano si unisce, però, la fragilità oggettiva di informazioni di contesto, in questo caso addirittura una gaffe storica, si rischia di smarrire l’obiettivo finale. A meno che le dichiarazioni di don Marcello Cozzi non siano state mal comprese dal collega. La colpa, si sa, è sempre dei giornalisti.

(Lu Se)

 

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