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COSENZA – La direttrice di banca e il boss seduti nel salottino a pianificare un’intimidazione. C’è pure questo negli atti dell’inchiesta “Nuova famiglia-Doomsday” (LEGGI LA NOTIZIA DEGLI ARRESTI): un tentativo da parte della manager, una cosentina di 50 anni, di mettere paura all’ispettore inviato dai suoi superiori a investigare sul suo operato poco cristallino. E per convincerlo a rinunciare a quel compito – «Deve fare le bagattelle e andarsene» è, fra le altre, una delle sue esternazioni – la donna si era rivolta direttamente a Maurizio Rango.

Accadde alla fine del 2012, quando l’abitazione del presunto capoclan era stata imbottita di microspie che catturavano tutte le conversazioni che avvenivano al suo interno. E fra le altre, una sera di novembre, gli inquirenti si imbatterono in quella tra il padrone di casa, la direttrice e sua sorella. «Da premettere che il disturbo poi si paga» mise le mani avanti quest’ultima, introducendo così la sua congiunta che andò subito al cuore della questione. «Mi stanno facendo mobbing… il trasferimento… mi fanno continue contestazioni (…) E il mio collega ispettore, si chiama (omissis). Questo è venuto e sta mettendo tutto sottosopra. Io ho fatto debiti!». La donna parlava a voce molto bassa, ragion per cui i carabinieri in ascolto non riuscirono a capire bene i termini della questione. Li comprenderanno però in seguito, sentendo proprio il collega a cui si faceva riferimento nella conversazione intercettata.

Dall’interrogatorio verrà fuori che la donna, direttrice di una filiale cittadina, era finita nell’occhio del ciclone per via di alcuni prestiti concessi con troppa disinvoltura. A seguito di ciò, era stata retrocessa a semplice gestore di filiale e trasferita in un paesino dell’hinterland. Lì, però, il suo operato aveva attirato nuovamente i sospetti dei vertici dell’istituto di credito che, per vederci chiaro, avevano disposto un’ispezione a suo carico. Da qui, la sua paura di perdere il lavoro. «Stanno cercando di farmi fuori» spiegava l’ex direttrice, per poi aggiungere senza mezzi termini: «Io a questo gli faccio spezzare le gambe (…) Se ne deve andare! A me mi deve lasciare in pace!». Nel frattempo, finanche Rango non sembrava condividere il ricorso alla violenza prospettato dalla sua interlocutrice. «Io ho un amico che lavora nella stessa banca – replicò non a caso il presunto boss – Magari lo facciamo chiamare e ci parla lui». La persona davanti a lui, però, aveva le idee molto chiare: «Con due persone gli dobbiamo dire che se ne deve andare! Perché, se non sia mai (…) va alla Polizia e fa qualche denuncia, io gli mando a spezzare le gambe a questo qua. Perché lui non ha famiglia, io sì! Lui mi sembra che non è nemmeno sposato». Maurizio continuava a non essere convinto, riproponendo la strategia dell’abboccamento. «Se no – ammetteva poi in conclusione di discorso – se non riusciamo ad arrivare tramite amicizia, me lo dite quando lui se ne va, andiamo a una parte dove non ci sono telecamere…». «Sulla via di Carolei non c’è niente!», s’inseriva a quel punto la sorella, fin lì rimasta in silenzio, indicando così il luogo adatto per eseguire l’intimidazione. «E mo vediamo! vediamo se lo faccio chiamare direttamente da qualche amico. Se no, sulla via di Carolei lo fermiamo e glielo diciamo! Lo facciamo spaventare e glielo diciamo. Lo facciamo fermare direttamente da due persone, lo facciamo fermare e gli diciamo: senti qua, a questa signora vedi che vuoi fare! O alla signora la lasci stare o te ne vai da Carolei! Vedi tu! Se no, vabbè, ti prendiamo quando vai al lavoro, che sappiamo l’orario… quando esci da casa».

La direttrice e il boss si diedero appuntamento per il pomeriggio («Senza telefoni» specificò la donna, ormai scafatissima su come comportarsi), ma è certo che il disegno criminoso non andò poi in porto. Il bersaglio designato, infatti, ha dichiarato di non aver mai ricevuto minacce da chicchessia, ma ciò non ha impedito agli inquirenti di iscrivere ugualmente la direttrice di banca nel registro degli indagati. La sua posizione ora è stata stralciata da quella degli altri indagati. L’accusa, di cui risponde a piede libero, è di istigazione a delinquere.

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