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POTENZA – Di quei festeggiamenti tra amici per la vigilia di Natale è rimasta una bottiglia di spumante spaccata e un processo per tentato stupro, minacce, lesioni personali aggravate e furto.

Sono arrivate di fronte al collegio del Tribunale di Potenza le accuse a carico di A. L., 25enne del capoluogo.
A.L. è imputato per essersi accanito su un amico cercando di costringere ad avere un rapporto sessuale con lui.
«Io ti ammazzo, io ti ammazzo» sono le parole che avrebbe pronunciato di fronte al suo rifiuto, per poi scatenarsi brandendo una bottiglia di spumante e picchiandogliela sulla testa fino a mandarla «in frantumi».

La vittima, un giovane a sua volta potentino, se la sarebbe cavata con «un trauma cranico con ferita lacero contusa al cuio capelluto» e una prognosi di 5 giorni.

A.L. deve rispondere anche di furto «perché al fine di trarne profitto si impossessava della cosa mobile altrui, nella specie un iPod marca Apple» dell’amico oggetto del suo desiderio, e di una «collana di bigiotteria» di un altro, «sottraendoli all’interno dell’abitazione di quest’ultimo».

I fatti risalgono al 24 dicembre del 2011, ma il dibattimento è appena iniziato di fronte al collegio presieduto da Aldo Gubitosi.
Nelle prossime udienze i magistrati cercheranno ricostruire l’accaduto a partire dalla denuncia che ha fatto partire gli accertamenti sul caso.

A.L. rischia una condanna molto pesante per l’accaduto. Solo per l’accusa più grave, quella di tentata violenza sessuale, le pene vanno dai 5 ai 10 anni di reclusione, da ridurre fino a 2/3 perché il suo proposito non è andato a segno «per cause prescindenti la sua volontà».

Fino a 3 anni la condanna prevista per il reato di lesioni personali, senza considerare le aggravanti e la continuazione con le minacce. Mentre per il furto in abitazione le pene vanno fino a 6 anni.

Da approfondire ci sono senza dubbio le motivazioni che lo hanno spinto a comportarsi in quel modo: un’esplosione di violenza senza troppo senso di fronte al rifiuto di prestarsi ai suoi desideri sessuali da parte di una persona che conosceva. Quindi il furto dell’iPod e della collana, che sa quasi di uno sfregio per ripagare ancora una volta quel “no”.

Nel capo d’imputazione nei suoi confronti i rapporti tra la vittima e il suo presunto aguzzino restano sullo sfondo, ma in aula – con tutte le garanzie del caso – andranno chiariti anche questi.

Quello che appare già ben definito è che minaccie e violenza sarebbero scattate soltanto dopo quel rifiuto, e che l’oggetto utilizzato per colpire è stato una bottiglia di spumante andata in frantumi per l’urto.
Se oltre a rompersi i vetri avessero tagliato i danni sarebbero potuti essere molto peggiori. 

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