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PIZZO (VV) – Lo scorso dicembre, a pochi giorni dal Natale, la capitaneria di porto di Bari ha proceduto ad un maxi sequestro di pesce contestando la mancanza dei documenti sulla tracciabilità dei prodotti (GUARDA IL VIDEO DELL’OPERAZIONE DA ANTENNASUD). I militari hanno posto i sigilli a oltre 532 tonnellate di prodotti ittici privi dei requisiti di tracciabilità per un valore commerciale stimato di oltre 5 milioni di euro. Di queste 532 tonnellate ben 484 sono di esemplari interi di tonno. Si tratta di uno dei sequestri più ingente mai eseguiti nel territorio nazionale. 

Adesso, a distanza di circa un mese dall’operazione della Capitaneria, l’imprenditore Pippo Callipo annuncia che in conseguenza di quanto accaduto a Bari la sua azienda di produzione e distribuzione di tonno sarà «costretta a mettere 150 dipendenti in cassa integrazione per la mancanza di materia prima dovuta ad un “discutibile” (così lo definisce l’imprenditore, ndr) sequestro amministrativo». 

Callipo, contestando i termini del provvedimento, precisa come «dopo cento anni di storia che ha dato lustro alla Calabria e dignità sociale a centinaia di lavoratori, permettendogli di potersi creare un futuro nella terra in cui sono nati, siamo costretti a fermarci». L’imprenditore poi aggiunge che «da circa 40 anni riceviamo tonno congelato alla rinfusa con nave frigo a Taranto, per quantitativi minimi di almeno 600/1000 tonnellate a partita, sottoposti a regolari controlli da parte degli enti preposti. Da sempre, infatti, una parte del tonno congelato, scaricato dalla nave, arriva direttamente nel nostro stabilimento di Maierato, mentre gran parte del quantitativo viene depositato nei magazzini frigorifero a Bari». A seguito di quel sequestro, poi, da Bari chiedono alla Capitaneria di Porto di Vibo Marina «di verificare i quantitativi di tonno già giunti in stabilimento lo stesso giorno. A Vibo per i militari tutto è in regola». E da parte di Callipo partono gli atti di opposizione al provvedimento giudiziario. 
In conclusione, Callipo, non mette in discussione «la legittimità dei controlli, al contrario, come imprenditore e come cittadino ne auspico sempre maggiori sulla merce che arriva nel nostro Paese dall’estero», tuttavia chiede che ci siamo maggiore attenzione definendo l’accaduto una ingiustizia e manifestando «sconforto e la profonda amarezza per l’ingiustizia subita rischiano di far crollare definitivamente la volontà di continuare a fare impresa in Italia e in Calabria in particolare».
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