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POTENZA – A luglio era toccato ai conti correnti del patron del Melfi Calcio Giuseppe Maglione, per un vecchio debito Iva da un milione e 200mila euro della Automotive srl. Ora è arrivato il turno della Maglione srl, e i sigilli sono finiti su una parte del capannone nell’area industriale di San Nicola. Assieme ai beni di un altro noto imprenditore del Vulture: Mario Bisceglia.
Sono stati eseguiti lunedì mattina dagli agenti del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Potenza gli ultimi decreti di sequestro preventivo emessi dal gip del capoluogo nell’ambito di una serie di accertamenti avviati negli scorsi mesi sulla fedeltà fiscale di diversi imprenditori del capoluogo e provincia.
Lo ha reso noto un comunicato diffuso ieri in mattinata dal procuratore capo Luigi Gay, per cui «il sequestro per equivalente si sta confermando uno strumento di particolare efficacia nel contrastro all’evasione fiscale».
Per Gay si tratta «di un ragguardevole risultato che testimonia l’impegno di questa Procura della Repubblica e della Guardia di finanza in tutto il territorio di propria competenza nel contrastare e nel reprimere fenomeni di illiceità economica nei confronti dei quali viene costantemente assicurato e profuso un rilevante sforzo investigativo e viene mantenuta elevata la soglia di attenzione alle varie dinamiche di evasione».
Ma la reazione del presidente gialloverde non si è fatta attendere e al telefono con il Quotidiano ha tenuto a rassicurare sullo stato delle sue attività: «Il sequestro ha riguardato solo una parte del nostro capannone a San Nicola di Melfi. Ma proprio su quel debito Iva, che risale al 2009 e al 2010, nel 2011 abbiamo avviato una rateizzazione con l’Agenzia delle entrate garantita da una polizza di un milione di euro. In più abbiamo già versato circa 700mila euro, per questo conto che il magistrato rimuova i sigilli nel giro di qualche giorno. Intanto le nostre aziende restano operative al 100%. Non c’è niente di cui preoccuparsi».
I legali di Maglione, gli avvocati Carmine Ruggi e Fabio Di Ciommo, hanno diffuso anche un documento datato 10 ottobre e intestato Agenzia delle entrate, in cui si attesta che i due «avvisi di irregolarità» contestati alla Maglione srl, uno da 430mila euro per il 2009 e uno da 780mila per il 2010, (totale di 1milione 210mila) «sono state rateizzati», e «i pagamenti alla data odierna sono regolari».
Quindi per conto del loro assistito negano ogni addebito e ribadiscono che «l’intera documentazione comprovante quanto sostenuto dall’indagato è stata già fornita all’Autorità procedente, con la certezza che fin dalle prossime ore si chiarisca definitivamente l’estraneità del Maglione alla vicenda de qua e si proceda al dissequestro dei beni immobili».
Maglione e Bisceglia risultano indagati per omesso versamento dell’Iva che è un reato previsto dalla legge di riforma della materia, che risale al 2000, e punito con condanne da 6 mesi a 2 anni, ma solo nel caso in cui la somma superi la soglia dei 50mila euro.
Da tempo è in corso anche un acceso dibattito sulla sua depenalizzazione per legare le sanzioni previste dal codice di procedura penale solo ai «comportamenti fraudolenti, simulatori o finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione falsa». Mentre l’omesso versamento viene considerato sempre più un reato di “necessità” per tanti imprenditori alle prese con i soldi che mancano e costretti a scegliere se onorare i debiti col fisco che loro stessi hanno segnalato, compilando correttamente bilanci e dichiarazioni varie, o pagare fornitori e gli stipendi ai lavoratori.

l.amato@luedi.it

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