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LA fatica di un credente che ha anche passione per l’impegno pubblico è quella di declinare laicamente i propri valori nella vita di tutti i giorni sapendo che il proprio è un punto di vista, rispettabile, ma comunque  un punto di vista.

Sono sincero, ho provato tristezza nel leggere la nota predisposta dalla Conferenza episcopale di Basilicata a commento delle recenti polemiche sulla proposta di legge di sostegno alla natalità presentata in Consiglio regionale. Avrei preferito che la riflessione della Conferenza dei vescovi di Basilicata fosse partita da un altro punto di vista. Avrei preferito che quella nota fosse partita dalla osservazione sul livello dei servizi che il pubblico in Basilicata mette a disposizione delle famiglie, che interrogasse la sensibilità pubblica sul funzionamento, ad esempio, della rete dei consultori, proprio in applicazione della legge 194. Su quanto il loro mancato rafforzamento sul territorio rappresenti un vulnus per la rete di protezione sociale a partire dalle donne.

Ma veramente pensiamo che il principio della vita possa dipendere dalla erogazione di 250 euro per un tot numero di mesi? La questione demografica e l’intero sistema delle politiche per la famiglia può essere così banalmente monetizzata? Perché, invece, non si affronta  la gravissima crisi del welfare familiare che sempre più sta emergendo in Basilicata. L’emigrazione, lo spopolamento, l’invecchiamento, il taglio dei trasferimenti,  sono tutti fattori che si stanno riverberando sulla rete dei servizi. Una nonna in Basilicata non riesce più ad occuparsi contemporaneamente di un nipotino in età pre scolare e di un non auto sufficiente. Bisogna prendere atto che non esiste una adeguata offerta di servizi per l’infanzia a partire dai nidi così come non ci sono servizi a supporto dell’invecchiamento.  E se la politica sbaglia ad affrontare una questione così delicata ponendosi con superficialità,  da cattolico avrei auspicato proprio dai vescovi un richiamo alla responsabilità anche nei confronti di quella parte che si rifà alla dottrina sociale della Chiesa proprio partendo dalla enorme complessità del fenomeno demografico lucano, che riguarda da vicino la sopravvivenza stessa della nostra comunità.

Essere genitori oggi è difficile ed è una solitudine accentuata dalla debolezza delle politiche pubbliche di sostegno ma anche delle centrali educative. Assistiamo  al dilagare del consumo di alcool nelle fasce giovanili dei nostri paesi accentuato anche da terribili giochi che spopolano sui social network eppure ci smarriamo in uno sterile e inutile dibattito. Quanti matrimoni stanno andando in crisi per le difficoltà economiche, quanta violenza porta l’esasperazione della mancanza di lavoro tra le mura domestiche, quanta solitudine c’è in tutto questo? Le libertà personali si aiutano se c’è una rete di welfare non se si pensa di indennizzarle.

Quando nell’intervista del Corriere della Sera di mercoledì 5 marzo Papa Bergoglio risponde ad una precisa domanda dicendo: «Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili. I valori sono valori e basta , non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra» ci dimostra che davvero è finito il tempo degli steccati.

Da cattolico chiedo ai vescovi di Basilicata di aiutare la responsabilità pubblica a guardare la mano.

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