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POTENZA – «Assumetevi le vostre responsabilità da uomini (…) Non usatemi come valvola di scarico».
Si rivolge direttamente a nuovi testimoni dell’antimafia di Potenza l’ex boxeur Dorino Stefanutti (56), a processo con altri nel processo Iena 2 sulle infiltrazioni del clan Martorano negli appalti e l’economia di mezza regione.
In una nuova lettera inviata dal carcere di Villa Stanazzo, a Lanciano, dove è detenuto per l’omicidio dell’imprenditore Donato Abbruzzese, Stefanutti “sfida” tutti a un confronto in aula.
L’appuntamento è alla prossima udienza, già fissata per il 18 novembre, in cui i giudici dovrebbero decidere se sentire anche il figlio Natale, testimone di giustizia finito sotto protezione da luglio.
A settembre, infatti, il collegio presiduto da Aldo Gubitosi si era riservato la scelta sull’elenco di nuove testimonianze e acquisizioni presentato dal pm antimafia Francesco Basentini. Tra questi anche gli atti dell’inchiesta partita dalla denuncia dell’avvocato Sergio Lapenna, poi finito a processo per millantato credito e voto di scambio assieme al suo grande accusatore Tonino Gugliemi (la sua posizione è stata stralciata e sospesa dal gup che ha accolto la richiesta di “messa in prova”).
Nella vicenda compare più volte il nome di Stefanutti, e quello dell’imprenditore che oggi come allora gestiva il mega-appalto delle pulizie all’ospedale San Carlo di Potenza, per cui lavorava lo stesso Guglielmi. Un appalto che secondo gli inquirenti della Dda del capoluogo sarebbe stato da sempre nel mirino del clan.
L’ex boxeur dal carcere racconta la sua versione dei fatti e nega di aver mai chiesto a Lapenna di intercedere con la ditta in questione, sua cliente, per l’assunzione dei figli.
«L’avvocato Sergio Lapenna – spiega Stefanutti – mi fece contattare da Giovanni Tancredi (responsabile del cantiere della ditta al San Carlo, ndr), sapendo che siamo amici da ragazzi e abitavamo nello stesso rione (Giovanni non c’entra niente in tutto ciò, ha fatto solo da tramite alla richiesta dell’avvocato Lapenna per incontrarmi). Giovanni mi disse che mi voleva parlare l’avvocato, ed io dissi va bene ma non mi disse di cosa si trattava».
Poi accenna a un altro uomo, che avrebbe “assillato” l’ex consigliere regionale Lapenna. Lo chiama soltanto “X” senza aggiungere altro, ma stando a quanto dice sarebbe una persona molto vicina allo stesso Guglielmi.
«L’avvocato – prosegue – venne all’ufficio dove io lavoravo, mi disse che aveva dei problemi seri con il signor Guglielmi ed una persona vicino al Guglielmi (la persona la chiamiamo X) mi chiese se potessi io parlare con il Guglielmi ed X, in merito al suo problema, lo vidi preoccupato e con le lacrime agli occhi, ed io lo rassicurai che avrei parlato non con il Guglielmi ma con X, perché non avevo confidenza con il Guglielmi».
«Andai da X e gli esposi la questione, X mi disse che non sapeva nulla in merito ed avrebbe chiamato il Guglielmi per rimproverarlo per il fatto che aveva vantato il suo nome in merito ad un fatto che non era a conoscenza e non si sarebbe mai immischiato in una determinata situazione che non gli apparteneva. Io mi incontrai con l’avvocato nel suo ufficio e gli raccontai di essere stato da X, ed X non sapeva nulla in merito e che Guglielmi era stato un bugiardo in merito ad X. Mi rispose che Guglielmi era su tutte le furie avendo saputo che io ero andato per conto suo da X».
«Dopo un po’ di giorni – insiste Stefanutti – l’avvocato mi fece contattare di nuovo da Giovanni che mi disse che l’avvocato ci aspettava a casa sua ed era terrorizzato, andammo a casa dell’avvocato, entrammo, ci fece accomodare nel salottino sulla destra (se vuole l’avvocato gli spiego anche com’è casa sua, perché di questo incontro se n’è dimenticato o non lo ha voluto dire) e ci prendemmo il caffè. Lo fece la moglie e ce lo portò. L’avvocato mi disse che era preoccupato per la sua persona e non usciva di casa per timore di Guglielmi che lo ricattava e che già gli aveva sottratto (il Guglielmi all’avvocato) appartamento soldi eccetera e che ogni mese doveva elargire di tasca sua la somma di 3,500 euro per lo stipendio della moglie di Guglielmi fino al momento che l’avvocato non l’avesse fatta assumere presso l’ospedale».
Lapenna avrebbe detto a Stefanutti di non potersi rivolgere ai carabinieri «perché avrebbe passato anche lui dei guai penali per il reato che aveva commesso il Guglielmi per suo conto e perciò lo stesso era sotto ricatto da Guglielmi (…) Vedendo piangere, disperato e mortificato l’avvocato decisi di parlare con Guglielmi e ci incontrammo a piazza XVIII Agosto e lì il Guglielmi diede uno schiaffo all’avvocato (circostanza già descritta da Lapenna nella sua denuncia, ndr). Poi ci fu l’incontro in cui l’avvocato e Guglielmi decisero che non si dovevano più incontrare ed il Guglielmi doveva lasciare in pace l’avvocato».
«Mi sono trovato in questa situazione – è la sua conclusione – soltanto per aver visto l’avvocato, un uomo piangere disperato e costretto a subire umiliazioni e ricatti, questa è la mia colpa aver voluto aiutare un uomo…, ne farò un’altra lezione di vita».
Poi l’ex boxeur, già pregiudicato anche per associazione mafiosa, attacca il figlio che da novembre dell’anno scorso ha iniziato a collaborare con la giustizia.
«Mi ricordo che in più colloqui con il sottoscritto nel carcere di Melfi, mi diceva che si era incontrato con il Guglielmi il quale mi mandava i saluti. Io gli rispondevo che non si doveva permettere di incontrarsi o prendersi neanche un caffè con simili elementi e gli chiedevo come lo conoscesse. Ora mi spiego il tutto. Era in cerca di notizie lo Stefanutti Natale per ottenere il suo pentimento, o con tutta franchezza, penso che gli dava suggerimento qualcuno (vi faccio immaginare chi) per la sua preparazione, come fare come muoversi ed agire».
«Signor Guglielmi chiedo a lei – è l’appello finale di Stefanutti – se si ricorda di questo passaggio che il signor Stefanutti Natale veniva da lei o viceversa o se erano incontri non preparati. Il sottoscritto non ha mai detto al Guglielmi che doveva staccare la testa all’avvocato e non ha mai detto al Guglielmi che io percepivo 5.000 euro al mese dalla ditta (quella che gestisce l’appalto delle pulizie al San Carlo, ndr)».
Affermazioni riferite agli inquirenti dallo stesso Guglielmi.
«Non ho mai ricevuto soldi da questa società, mia figlia già lavorava con la società o ditta precedente a questa ed è stata assorbita da questa ditta (…) Se avevo tutta questa possibilità, avrei fatto assumere anche il signor Stefanutti Natale, non vi pare, senza chiedere all’avvocato se mi poteva aiutare a trovare una sistemazione lavorativa».

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