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Attraverso un falso profilo e il riferimento ad una pagina fasulla del noto marchio Yamamay, aveva raccolto moltissime foto di ragazze in biancheria intima (alcune anche minorenni), invitandole ad un falso shooting fotografico per modelle, nel negozio di Matera.
La truffa è stata scoperta dopo sei mesi di indagini dalla Polizia Postale della città dei Sassi che è risalita così ad un trentenne del metapontino che, insieme ad alcuni amici, aveva racolto lo speciale “album fotografico”.
I risultati dell’operazione che ha portato alla denuncia dell’uomo alla Procura di Potenza per sostituzione di persona, possesso di materiale pedopornografico e truffa, sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa da dall’ispettore Filippo Squicciarini, responsabile della Polizia Postale di Matera.
Il trentenne denunciato, che non lavora e vive da solo in un appartamento, utilizzava il suo pc personale ma anche postazioni pubbliche con sistema wifi.
La posizione degli altri amici è attualmente al vaglio degli investigatori che devono comprendere a quale titolo avevano partecipato alla truffa messa in atto.
Col il falso profilo di Valentina Maran, responsabile del negozio di Matera di Yamamay, l’uomo contattava ragazze che su Facebook e proponeva loro di partecipare al catalogo 2015-2016. L’impegno avrebbe richiesto circa 50 scatti complessivi al costo di circa 30 euro ognuno.
Dopo l’invio delle prime due foto, per verificare l’eventuale l’idoneità delle aspiranti fotomodelle, la falsa responsabile del negozio inviava una mail per fissare un appuntamenti nella sede materana dove un fotografo avrebbe atteso le ragazze per realizzare le foto per il catalogo.
A quell’appuntamento si sono presentate decine di ragazze accompagnate dai genitori che hanno scoperto solo a quel punto la portata della truffa. Il titolare del negozio e il personale erano all’oscuro della vicenda e si sono ritrovati, loro malgrado, al centro di una vicenda imbarazzante.
Immediate le denunce di un paio di ragazze minorenni e dei vertici del marchio di biancheria intima che hanno portato ieri alla perquisizione dell’abitazione del 30enne nella quale è stato trovato il materiale che ha confermato i particolari descritti nelle denunce.
Per giustificarsi l’uomo ha detto ai poliziotti che si trattava di un’occasione di divertimento che aveva ideato e messo in atto con un gruppo di amici.
E se una volta bastava il buco di una serratura o una fessura in un muro per spiare l’intimità di una dona, oggi è sufficiente il click di un mouse. 

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