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VIBO VALENTIA – Era stato liquidato come un suicidio, ma una perizia, a distanza di 4 anni, svela una nuova verità. Nicola Colloca, infermiere di 48 anni trovato carbonizzato all’interno della sua auto è stato colpito con un oggetto contundente al capo e bruciato quando ancora era vivo. 

Una fine agghiacciante, documentata dagli accertamenti del medico legale Giuseppe Arcudi, dopo che i genitori della vittima a lungo si erano opposti all’archiviazione, lanciando appelli anche dalle trasmissioni televisive nazionali. E’ stato il sostituto procuratore di Vibo Valentia Michele Sirgiovanni a cambiare l’ipotesi d’indagine in omicidio premeditato e ad affidare l’incarico ad Arcudi dal quale ora sono arrivati i riscontri clamorosi.

Nel fascicolo dell’inchiesta figura già il nome di una persona indagata: si tratta della moglie di Colloca. I carabinieri stanno cercando di ricostruire cosa avvenne quella mattina del 25 settembre 2010 quando la vittima, che viveva di Vena Superiore, piccolo borgo alle porte di Vibo, scomparve con la sua Opel Corsa. L’infermiere, che prestava servizio al Suem 118 di Vibo, era uscito di casa, lasciando il suo cellulare, dopo una burrascosa lite per una presunta relazione extraconiugale. 

Fu l’antifurto satellitare dell’auto a dare indicazioni ai carabinieri, che avevano ricevuto la segnalazione di scomparsa e a condurli fino ad una pineta isolata nel territorio di Pizzo. La morte si sarebbe consumata la notte stessa: il segnale dell’antifurto  cessò poco dopo le 4 del 26 settembre. Prima di arrivare nel luogo in cui fu ritrovato, Colloca viaggiò, quasi senza meta, per le vie della città. E ora i carabinieri dovranno ricostruire chi fu a raggiungerlo e ucciderlo in quelle ore.

 

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