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POTENZA – «La canna di un’arma da fuoco (e le armi storiche sono a tutti gli effetti delle armi) non può e non deve esplodere in quel modo, cioé in maniera anelastica e fragile, proiettando tutto intorno micidiali schegge come una granata della prima guerra mondiale».
E’ quello che sostengono i compagni di Donato Gianfredi e Agostino Tarullo, presidente e vicepresidente dell’associazione Imago historiae di Potenza, morti sabato notte in contrada Dragonara per l’esplosione di un fucile durante una rievocazione storica del brigantaggio.
«Per la nostra esperienza – scrivono gli amici di tante manifestazioni – e per le testimonianze di numerosi esperti del mondo delle armi storiche, sentiamo il dovere di domandare agli inquirenti, e a tutti i cronisti che seguiranno la questione del punto di vista giornalistico, di considerare non solamente l’ipotesi dell’errore di caricamento (ripetiamo, per noi improbabile), ma di prendere seriamente in considerazione l’ipotesi di un cedimento dei materiali dell’arma».
I reduci dell’associazione fondata nel 2005 da Gianfredi e Tarullo intervendono «per preservare la ricostruzione dei fatti da fantasiose ricostruzioni e da ogni speculazione».
«Gli associati di Imago Historiae (e di tanto si può fornire ogni prova e ogni argomento) sono esperti rievocatori». Proseguono. «Le armi sono state acquistate da rivenditori autorizzati; la polvere utilizzata per l’innesco del fuoco è quella raccomandata dal costruttore, confezionata in singole munizioni con strumenti di precisione e nella grammatura consigliata, conservata con scrupolosa attenzione come da manuale; i colpi (trattasi di palline di carta con circa dieci grammi di polvere nera) vengono sempre inseriti nella canna secondo la modalità ordinaria, e vengono pressati secondo le indicazioni del costruttore».
«Noi non escludiamo l’evenienza dell’errore umano – aggiungono – ma riteniamo altamente improbabile uno sbaglio nel caricamento, e pertanto ci sentiamo di chiedere ai nostri concittadini, soprattutto considerando la gravità dei fatti e la delicatezza delle indagini, di rispettare i tempi investigativi e di attendere i relativi risultati prima di giungere a conclusioni di qualunque tipo».
Quanto all’esplosione del fucile «storico» precisano che si tratta sì di un «evento raro ma pure molte volte verificatosi durante le rievocazioni di tutto il mondo». Per quanto non risulti che «sia mai avvenuta in maniera così distruttiva, né che abbia mai causato una simile carneficina, uccidendo sul colpo quasi tre persone e provocando il ferimento grave (in due casi, gravissimo) di numerose altre».
Imago historiae evidenzia che «negli ultimi giorni, inoltre, anche sui media locali, esperti di armi hanno confermato che un semplice errore di caricamento (ripetiamo ancora: per noi comunque assolutamente improbabile) non può e non deve provocare una simile strage, perché una canna di fucile non può e non deve sbriciolarsi proiettando schegge».
«Noi non siamo tecnici dei materiali, ma siamo esperti utilizzatori di quegli stessi fucili che sono esplosi». Concludono. «Pertanto, invitiamo tutti coloro che stanno lavorando per ricostruire i fatti ad approfondire la questione dell’idoneità dei materiali utilizzati per la fabbricazione di quelle armi, e in particolare le canne delle stesse, la loro provenienza, la loro rispondenza agli standard di sicurezza europei».
Quindi chiedono «che si voglia considerare, fino a quando non sarà fatta chiarezza, l’opportunità dell’immediato ritiro dal mercato» delle armi in questione. «Per evitare il rischio che si possa ripetere altrove una simile tragedia».

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