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REGGIO CALABRIA – Due pizzini simboleggiano il legame tra la ‘ndrangheta e “cosa nostra”. I magistrati antimafia sono sicuri che dietro il messaggio sequestrato nel carcere di “Badu Carrus” a  Nuoro ci sia molto più che rispetto alle istruzioni che un boss del calibro di Antonio Commisso voleva mandare all’esterno. Due biglietti manoscritti accartocciati in una caramella, è così che la Polizia penitenziaria di Nuoro ha recuperato i pizzini che Antonino Alcamo, boss trapanese all’ergastolo, aveva passato al fratello Giuseppe Alcamo al termine di un colloquio. Secondo la Distrettuale antimafia di Reggio Calabria che ha in mano i messaggi, i due biglietti sarebbero stati scritti da Antonio Commisso alias “l’avvocato”, fratello di Giuseppe Commisso “il mastro” e ritenuto uno dei vertici della ‘ndrangheta della Locride. 
Questo il testo del pizzino contenuto in una caramella: «Mio fratello deve parlare con mio cugino per la birreria! per il bowling mio fratello giuseppe; uscita rosarno ! continuare sulla ionio…tirreno”  il paese si chiama “Siderno” andare al centro commerciale “ I portici” al piano sotto  c’e’ una lavanderia, chiedere di Giuseppe Commisso dalle nove di mattina alle nove di sera; oppure se e’ piu’ tardi quasi attacato c’e’ sempre il bowling. andare sempre a mio nome che rintraccia subito a mio fratello Giuseppe». Quelle che secondo i magistrati arrivano da Antonio Commisso sono istruzioni precise per gli “amici” trapanesi, per i siciliani che a Siderno devono recarsi per parlare di affari oppure per riscuotere il compenso di un favore già eseguito. E’ questo che pensano gli investigatori. A rendere il quadro della situazione allarmante sono i soggetti coinvolti nello scambio di informazioni. Antonino Alcamo è considerato uno degli uomini più rappresentativi della mafia nel trapanese, sconta l’ergastolo per gli omicidi della faida di Alcamo, una guerra di mafia voluta e capeggiata dal capo dei capi Totò Riina all’inizio degli anni ’90 per eliminare avversari e dissidenti. A raccontare i particolari di quanto accaduto ad Alcamo ci ha pensato in questi anni anche Giovanni Brusca, l’uomo delle stragi di Palermo oggi pentito, che ha tracciato il quadro delle alleanze tra corleonesi e pezzi dell’onorata società trapanese in collegamento con Matteo Messina Denaro. Nelle parole di Brusca ci sono appalti, omicidi e i collegamenti con il boss Mariano Agate per la droga, lo stesso Agate che è stato in strettissimi rapporti con i più importanti narcotrafficanti della Locride. E il legame tra ‘ndrangheta e “cosa nostra” emerge chiaro nel messaggio scoperto nel carcere di “Badu Carrus” in Sardegna. C’è però un tassello che gli inquirenti non trascurano rispetto ai contatti tra i sidernesi e i siciliani, ed è il tassello che arriva da un’intercettazione dell’inchiesta “Saggezza”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria e sfociata in diverse ordinanze di custodia cautelare per associazione mafiosa. In una delle conversazioni captate dai Carabinieri del Gruppo Locri il patriarca Vincenzo Melia, considerato uomo d’onore e a capo di un organo criminale chiamato “corona”, colloquiando con un suo presunto affiliato parla di killer venuti dalla Sicilia per compiere almeno uno degli omicidi dei fratelli Salerno avvenuti nel 2006 a Siderno. In una informativa gli uomini dell’Arma fanno chiaro riferimento al collegamento tra il pizzino sequestrato ad Antonino Alcamo e le parole degli indagati dell’operazione “Saggezza”. Se il quadro dovesse trovare conferma sarebbe la conferma per i magistrati dello storico patto criminale tra ‘ndrangheta e mafia siciliana.

REGGIO CALABRIA – Due pizzini simboleggiano il legame tra la ‘ndrangheta e “cosa nostra”. I magistrati antimafia sono sicuri che dietro il messaggio sequestrato nel carcere di “Badu Carrus” a  Nuoro ci sia molto più che rispetto alle istruzioni che un boss del calibro di Antonio Commisso voleva mandare all’esterno. Due biglietti manoscritti accartocciati in una caramella, è così che la Polizia penitenziaria di Nuoro ha recuperato i pizzini che Antonino Alcamo, boss trapanese all’ergastolo, aveva passato al fratello Giuseppe Alcamo al termine di un colloquio. Secondo la Distrettuale antimafia di Reggio Calabria che ha in mano i messaggi, i due biglietti sarebbero stati scritti da Antonio Commisso alias “l’avvocato”, fratello di Giuseppe Commisso “il mastro” e ritenuto uno dei vertici della ‘ndrangheta della Locride. 

 

Quelle che secondo i magistrati arrivano da Antonio Commisso sono istruzioni precise per gli “amici” trapanesi, per i siciliani che a Siderno devono recarsi per parlare di affari oppure per riscuotere il compenso di un favore già eseguito. E’ questo che pensano gli investigatori. A rendere il quadro della situazione allarmante sono i soggetti coinvolti nello scambio di informazioni. Antonino Alcamo è considerato uno degli uomini più rappresentativi della mafia nel trapanese, sconta l’ergastolo per gli omicidi della faida di Alcamo, una guerra di mafia voluta e capeggiata dal capo dei capi Totò Riina all’inizio degli anni ’90 per eliminare avversari e dissidenti.  Una figura che, secondo il pentito Brusca, si trova al centro delle alleanze tra corleonesi e pezzi dell’onorata società trapanese in collegamento con Matteo Messina Denaro. 

C’è però un tassello che gli inquirenti non trascurano rispetto ai contatti tra i sidernesi e i siciliani, e arriva da un’intercettazione dell’inchiesta “Saggezza”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, nella quale si parla di killer venuti dalla Sicilia per compiere almeno un omicidio a Siderno.

 

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