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POTENZA – La verità è che più sono alte le aspettative, più è facile tradirle. Anche in questo, raccontano, risiede la fermezza con cui hanno osservato il balletto di passi avanti e indietro nella costruzione di un governo di larghe intese a Potenza.
Settimane dopo l’appello del sindaco De Luca al governo bipartisan, tutto si è risolto senza cambiamenti in esecutivo e con il centrosinistra pronto a un sostegno di massima all’attività amministrativa.

«Non è poi stato un grande passo avanti – spiega Canio Sinisi, coordinatore regionale di Gioventù nazionale – Abbiamo assistito a un lungo logorio, con il Pd incapace di mettere insieme i propri pezzi, ma il destino della città non può coincidere con la tempistica congressuale di quel partito».

E chi come Canio ha battagliato – a lungo – per «un’idea diversa di città», alle mediazioni al ribasso non ci sta.

Centrodestra, ironia e il tono gioioso dell’impegno consapevole. La politica, vista da lì, è una cosa bella, di passione.

Con Canio, anche Giorgio Maria Restaino e Loredana Baldassarre, coordinatori cittadini della giovanile di Fratelli d’Italia. Insieme al gruppo della civica Per la città sono stati il motore della volata di Dario De Luca. «Resta il nostro sindaco, è il sindaco della città».

«Questo si è imposto come il consiglio comunale del rinnovamento. Ora ci aspettiamo una forte capacità propositiva», va avanti Canio. O, per dirla in modo più netto, non vorrebbero che questa passasse alla storia come l’amministrazione della troika e basta. Quella dei tagli e delle tasse del post dissesto.

«È che ancora non è chiaro – fa eco Giorgio – qual è la città che si vuole costruire. Il segnale elettorale è stato chiaro, va data concretezza giorno dopo giorno all’idea di cambiamento».
Bene, ma che cosa significa “bene della città”?

«Per noi significa aver proposto un’alternativa al modello di governo che ha portato Potenza a questo stato di crisi, non solo economica. Un’alternativa a quello che abbiamo sempre chiamato “sistema Basilicata”».

Insomma, «con chi ha gestito in modo clientelare la cosa pubblica per decenni non vogliamo proprio avere a che fare».

Ma non è nella categoria generazionale che sta lo scarto tra passato e futuro. «Lo abbiamo dovuto ammettere – aggiunge Loredana – proprio in questi giorni, osservando il dibattito naufragato sulle larghe intese del consiglio comunale».
L’aspettativa, ora, è sui prossimi mesi. Piccole e grandi cose. A partire dal ruolo della città che «non può subire l’attenzione generale dedicata a Matera. Se crolla il capoluogo perde l’intera regione».
Alle grandi operazioni di tagli e rimodulazioni sui servizi, chiedono di affiancare una strategia di «normalità». Rete tra le associazioni, protagonismo dell’università, spazio pubblico. «E magari finisce che alle prossime elezioni finalmente ci confronteremo su chi ha governato meglio, non su liste elettorali chiuse in una notte da direttori generali».

Sanno bene che se «l’aria è cambiata» è anche merito loro. Negli ultimi due anni hanno rotto tabù e luoghi comuni, imponendosi nella comunità locale e persino sulla dirigenza del partito, come nuova opposizione. Hanno proposto, costruito iniziative, moltiplicato consensi, incontrato il territorio. Petrolio, lavoro, quartieri. Poi l’approdo a Palazzo di Città.

Lo hanno capito, raccontano, nei giorni della campagna elettorale che sarebbe finita così. Il clima «finalmente» era cambiato. Otto mesi dopo, con un dissesto e la prospettiva di un periodo di crisi sociale, al sindaco Dario De Luca hanno chiesto anche una verifica politica.

Bene la strada della revisione della spesa pubblica, del modello di gestione del Comune. «L’operazione verità», insomma.

«Ma sul piano politico quello che non siamo disposti ad accettare – aggiunge Canio – è l’accusa che tutti i partiti siano uguali, che tutta la politica sia fatta male».

Un appunto anche agli alleati: con i Popolari per l’Italia i rapporti non sono più idilliaci. «È diventato un partito di centrosinistra», chiude Loredana che proprio con quella lista aveva attraversato la campagna elettorale.

I distinguo, allora, servono ancora una volta a definire lo spazio oltre cui non si torna indietro. «Quella zona grigia dove la chiarezza delle posizioni è assente non ci appartiene. L’abbiamo combattuta fin dai tempi del Pdl. Non c’è più spazio per le scorciatoie».

Il destino della città, ripetono, è «nella capacità di essere comunità». Custodito in quelle alte aspettative.

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