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In questi giorni assistiamo a forti prese di posizione dei sindacati contro il Governo regionale, dopo molti anni di sostanziale accettazione e condivisione delle politiche governative, sancite peraltro in documenti e provvedimenti concertativi (una per tutte, “Basilicata 2012) che hanno rinviato e talvolta aggravato la crisi economica ed occupazionale regionale, come tutti gli indici di riferimento puntualmente confermano.

I segretari regionali dei sindacati un giorno sì e un altro pure stanno tuonando contro il governatore Pittella che al contrario sostiene che dopo poco più di 15 mesi abbiamo raggiunto risultati storici, rispolverando la menata della piccola regione –laboratorio, vero modello da esportare. Forse bisognerà mettersi d’accordo: o mente il governatore, ormai ex rivoluzionario, o i sindacati sono fuori della realtà. Un confronto su questo sarebbe senz’altro utile: se non capiamo lo stato dell’arte, non possiamo delineare alcuna azione futura.

Serve un piano choc (Vaccaro), le misure messe in campo non si sono rivelate all’altezza(Somma), evitiamo carrozzoni e carrozzini, riferendosi alla fondazione di ricerca sanitaria di recente iniziativa del Governatore, del tutto evitabile, aggiungendo nuovi filoni di ricerca a quanto sta già efficacemente facendo il Crob di Rionero (falotico).

Sono temi che il sottoscritto evidenzia invano da anni, è certamente confortante osservare che uno dei principali soggetti che compongono la classe dirigente regionale sia oggi sulla stessa linea.
Purtroppo, siamo nella fase della enunciazione di critiche e proposte di rilancio programmatico. Per dare loro sostanza occorre coerenza operativa, soprattutto sporcandosi le mani. I sindacati sono un pezzo della classe dirigente, hanno responsabilità non lievi su ciò che è accaduto finora in Basilicata. Non possono chiamarsi fuori.

Non basta dire (come fa Somma) che la sanità sta scivolando sempre più verso il basso. Sono capaci i sindacati di sostenere che i piccoli ospedali vanno chiusi, perché sono un pericolo per i pazienti e servono prevalentemente per il personale medico ed amministrativo?

Perché i sindacati non hanno sollevato alcuna obiezione alla stabilizzazione dei precari dei consorzi di bonifica fatta dal commissario su “indicazione del presidente Pittella”, nonostante non si abbia ancora la conclusione del lavoro di analisi richiesta al commissario, in ordine ai conti disastrati dei consorzi?

Dov’erano i sindacati quando la Regione Basilicata approvava il piano decennale della forestazione che ha prorogato nel lungo periodo tutte le inefficienze del settore in questione?
Che senso ha il reddito minimo di inserimento, quando non si sa che cosa ha prodotto finora dopo 10 anni di distanza dal primo provvedimento? Che credibilità ha uno strumento del genere quando non ha carattere di universalità e dunque oggetto di scorribande clientelari? I beneficiari chiedono lavoro, ma la politica ed i sindacati offrono misure precarie chiaramente assistenziali, invitandoli ad arrangiarsi con lavoro nero, con l’economia di autoconsumo, aggiungendo il minireddito agli altri provvedimenti che attengono a misure assistenziali camuffate da diritti come le pensioni di invalidità fasulle o le indennità di disoccupazione ad esempio in agricoltura costruite a tavolino che l’inps denuncia da tempo.

Il reddito minimo non è credibile in ordine alla ricerca di un lavoro, perché non è stato preceduto dalla predisposizione di una governance adeguata agli obiettivi fissati ( una agenzia del lavoro? Un rilancio ed un coordinamento dei centri per l’impiego pubblici e privati?, un Osservatorio del mercato del lavoro?): senza una struttura altamente efficiente ed efficace di governo della misura in questione non si va da nessuna parte, il rischio di fare assistenzialismo è altissimo.

Dove erano i sindacati, quando si è fatto fallire il piano casa del 1992 predisposto dal dipartimento regionale dei lavori pubblici che prevedeva la costruzione di 1.200 alloggi spalmati tra valle di Vitalba e Vulture-melfese per i lavoratori della Fiat Sata, come prima risposta alla creazione di un minimum di strutture urbane conseguente alla localizzazione del più grande stabilimento industriale nel Mezzogiorno? Che ne pensano i sindacati della questione delle partecipate che finora hanno accumulato debiti per circa 200 milioni di euro?
Purtroppo i sindacati non si sono mai occupati della scarsa produttività del lavoro espressa dalla organizzazione del personale regionale, non hanno voluto vedere la loro servitù volontaria che è uno dei nodi dell’arretratezza regionale.

Non sempre la regione fa cose inutili o dannose:Tre bandi regionali per favorire ed orientare i lavoratori in mobilità verso l’autoimpoiego o assunzioni incentivate presso le aziende (una misura finalizzata anche a ridurre il lavoro nero) sono andati deserti: sarei curioso di sapere se e quale azione di sensibilizzazione hanno svolto i sindacati per scongiurare il flop suddetto che ha difeso i tanti furbetti che popolano la platea della mobilità.

Certo non è giusto fare di ogni erba un fascio: Conosco sindacalisti che pensano, propongono, supportati da centri studi di buona fattura, ma sono una minoranza ,non fanno testo.
La protesta sindacale di questi giorni si può leggere in due modi: finalmente come una presa di coscienza delle gravi insufficienze della politica regionale o come un modo per fare il gioco delle parti tante volte svolto in passato. Vedremo quale delle due ipotesi prevarrà, per fortuna il tempo è galantuomo.

 

 

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