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IL DEPOSITO unico delle scorie nucleari italiane si farà, non si è capito quando. O meglio, cominciano ad arrivare prime notizie di una proroga dei tempi. Almeno così dice il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, tirato per la giacca proprio sulla questione. Prima cosa da sapere: l’Ispra ha consegnato la documentazione necessaria, rispettando l’iter programmato dalle istituzioni ma il rapporto resta assolutamente top secret. Si sa soltanto che questo rapporto contiene la lista dei potenziali siti che potrebbero accogliere la struttura di stoccaggio e trattamento dei rifiuti radioattivi italiani a bassa, media e alta intensità.
L’Ispra, in ogni caso, ha consegnato la relazione il 13 marzo. «La relazione – si legge in un comunicato stampa – considerata la classificazione di riservatezza attribuita dalla Sogin alla proposta di carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, è stata analogamente classificata e sarà tale, conformemente alle vigenti disposizioni, sino alla pubblicazione della Cnapi da parte della Sogin.
Quindi fino a quando non si riterrà utile si continuerà a speculare sulla possibilità che la Basilicata si presenti come location idonea. Questione che anche sul piano politico ha creato non pochi attriti. Lo stesso governatore Pittella pochi mesi fa ha chiarito di non volere nessun deposito sul territorio lucano.
Eppure i tempi sono ancora lunghi, lo dice lo stesso ministro dell’Ambiente che candidamente afferma il fatto che nessuna decisione è stata presa in questi ultimi mesi.
«Il rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) è un rapporto ancora secretato – ha detto Galletti – Ed è uno studio che identifica tutti i siti in Italia che dal punto di vista tecnico possono essere oggetto del deposito unico nazionale, ma nessuna decisione è ancora stata presa».
«Da qui in poi – ha detto Galletti – ci sono tutta una serie di ulteriori adempimenti che porteranno nel tempo, ci vorranno alcuni mesi circa, all’individuazione del sito unico nazionale». Mesi quindi per una decisione. Molto probabilmente si tratta di una strategia per fronteggiare con più tranquillità le elezioni che si terranno il 31 maggio prossimo, con sette regioni e più di un migliaio di comuni al voto. Slittare la decisione potrebbe aiutare il partito democratico nelle campagne elettorali, togliendo di mezzo un discorso piuttosto “spinoso”. In ogni caso dalle poche indiscrezioni sembrerebbero non più di dodici le aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito.
Ma in ogni caso quali sono i tempi? Le stime parlano di 4 anni circa per ottenere l’autorizzazione unica, altri quattro per la progettazione esecutiva e la costruzione del sito. Altrettanti per la progettazione esecutiva e la costruzione. Tutto questo ben oltre i termini previsti per la riconsegna dei rifiuti altamente pericolosi che attualmente sono in fase di riprocessamento in Francia e Gran Bretagna. I costi, invece, oscillano tra 1,2 miliardi e due miliardi e mezzo di euro.

v.panettieri@luedi.it

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