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HA scoperto di avere una propensione alla rime, negli ultimi tempi. Il tenente colonnello Antonio Russo si lascia scappare questa battuta a margine della conferenza stampa di commiato dalla città, prima di partire alla volta di Bari dove sarà a capo dell’ufficio del comando provinciale dei carabinieri.

L’emozione si fa sentire.  A Matera, Antonio Russo è legato  in modo particolare, sin dal suo arrivo un po’ inconsueto alla fine di novembre del 2010. Ecco come lo racconta:

«Matera non la conoscevo, nonostante la vicinanza con il tarantino non ci ero mai stato. Sono arrivato dal bivio di San Basilio, all’altezza del cementificio ho visto che il panorama stava cambiando, con una salita e alcune curve. Tutto lasciava presagire di arrivare in una città sperduta, difficile da raggiungere. I Sassi, in quell’occasione, non li hi visti perchè ho raggiunto direttamente la caserma. Qualche sera dopo sono riuscito a dedicare del tempo per visitare la città e sono rimasto allibito dalla bellezza della città. Io che sono uomo di mare, in un primo momento ho sentito proprio questa mancanza».

E come l’ha sostituita?

«Andavo all’affaccio di piazzetta Pascoli  e guardavo in lontananza verso l’antenna che si vedeva sulla Murgia. Mi illudevo che quella fosse un albero di una barca a vela. Lo scorcio dei Sassi che  si vedeva, poi, immaginavo fosse un’insenatura naturale. Piano piano, invece, ho apprezzato il panorama della città e gli abitanti».

In che senso?

«I materani sono  un po’ come i leccesi: molto disponibili e propensi  a dare fiducia forse un po’ con il culto dello straniero. La città è piccola, i volti si memorizzano subito e così è nato il mio rapporto diretto con i cittadini. E’ l’accoglienza che mi ha colpito».

Sarà questa l’immagine che porterà con se’, partendo da Matera?

«Ho scoperto molti aspetti positivi di questa città e mi dispiace che i materani non credano nelle reali potenzialità della loro città. Chi non ci hai vissuto percepisce aspetti che gli abitanti non riscontrano, come i movimenti innovativi che la stanno caratterizzando. Il turismo, ad esempio, è aumentato esponenzialmente. Fino a qualche anno fa a Matera arrivavano le scolaresche in gita. Oggi è  tutto diverso, c’è maggiore attenzione perchè si è investito bene e la candidatura a Capitale della cultura ha contribuito molto».

Lei è nell’Arma da 33 anni e  tra le parole d’ordine, ha il rigore, quasi il dovere di non lasciarsi mai andare, ma fatti di cronaca come ad esempio la tragedia  di Vico Piave, hanno lasciato segni?

«Ognuno di noi viene direttamente coinvolto e percepisce i drammi. Vico Piave ha preso tutti anche per le modalità con cui si è verificato. E’ necessario rimanere distanti, ma non è detto che non percepisca il dolore, la preoccupazione. Essere chiamati a svolgere il servizio istituzionale, ti fa entrare in quella realtà: guardi  e pensi come la gente comune e vieni colpito. A volte ho condiviso il grido d’allarme che arrivava, abbiamo cercato di smussare gli angoli, fornendo una giusta interpretazione dei fatti a chi di competenza».

Quando, nel 2010, lei è arrivato a Matera, giungeva da Taranto dove si era occupato del caso di Sarah Scazzi. Cosa ricorda di quei fatti?

«Sono stato direttamente interessato da quella vicenda ma non ho condiviso il risalto mediatico che è stato dato a quei  fatti. Il caso Scazzi è stato sovradimensionato, subito dopo  ci sono stati casi simili che, però, non sono stati trattati nello stesso modo. Ci sono trasmissioni televisive che hanno fatto fortuna grazie a Sarah Scazzi, che prima avevano un livello basso di ascolto che improvvisamente ha raggiunto il record. La nostra linea, in quel caso, non è cambiata: abbiamo parlato poco, fatto le indagini ed evitato commenti pubblici».

La vita pubblica lucana è stata al centro di casi di corruzione. Come uomo, prima che come carabiniere, cosa pensa di questo fenomeno in ascesa?

«E’ un flagello che la gente non giustifica e che deve essere combattuto. Per farlo serve, però, la collaborazione che porti a scoprire e dimostrare i fatti».

a.ciervo@luedi.it

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