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HA frequentato una delle università più prestigiose italiane, la Bocconi, si è laureato nel 2005 in “Economia delle istituzioni e dei mercati finanziari” con una tesi sul venture capital e startup. Poco dopo riceve un’offerta di lavoro da un gruppo bancario: ci pensa bene, molto bene, e decide di rifiutare e tornare in Basilicata, a Nova Siri (in provincia di Matera), per prendere in mano l’azienda agricola di famiglia, quella che porta il cognome del nonno “Fortunato”.
Lui è Fedele Cirillo, 34 anni, un ragazzo determinato e convinto che bisogna tener conto delle proprie passioni per vincere le sfide di ogni giorno.
Perché un “bocconiano” che segue un percorso di studi prettamente finanziario decide di lasciare Milano e le sue opportunità lavorative per tornare in Basilicata e dedicarsi alla terra?
«Perché non potevo abbandonare questa passione – risponde Fedele. Mio nonno e mio zio hanno creato l’azienda Fortunato e sono stati tra i primi a portare la frutticoltura nel metapontino negli anni ’70, prima con la produzione di fragole e pesche e, a partire da metà anni ’80, di kiwi. Pensa che quando facevo la quinta elementare, entravo nel magazzino e mi divertivo a riempire i cestini vuoti con la frutta».
Cosa hai fatto appena sei arrivato in azienda?
«Era aprile 2005 e mi sono reso conto che andavano fatti dei cambiamenti, a partire dal rinnovamento dei macchinari. Mi sono dedicato ai conti ma ho fatto anche l’operaio, andando nei campi per raccogliere la frutta ma anche per capire meglio quale fosse la vocazione del terreno e come adattarla al microclima delle nostre parti, che consente un anticipo della produzione di circa una settimana delle albicocche, spuntando prezzi migliori. Ho consolidato la squadra: 12 persone “sul campo”, che diventano il doppio nei periodi stagionali, persone semplici e con cui si è costruito un rapporto che va oltre il lavoro».
Secondo te quanto conta l’innovazione e la ricerca in un settore così tradizionale come l’agricoltura?
«Sono entrambe fondamentali per migliorare la produzione e renderla quanto più naturale possibile, senza sprecare risorse. Parlo, per esempio, dell’innovazione nei sistemi di irrigazione: siamo passati dalla microirrigazione, con 120 litri d’acqua l’ora erogati a pioggia, al sistema del gocciolante con 2 litri l’ora localizzati solo sulla pianta. Dei macchinari nei magazzini per la selezione e stoccaggio dei prodotti ma anche delle buone pratiche per la gestione del suolo e delle piante secondo la logica del “residuo zero”, per portare in tavola frutta senza residui chimici. Quello che manca in realtà – sottolinea Fedele – è un contributo sostanziale da parte degli istituti di ricerca locali, che dovrebbero sperimentare per trasferire i risultati agli agricoltori, mentre ormai sono gli agricoltori a dover sperimentare da soli».
Ma tu ti senti più agricoltore o più imprenditore?
«Agricoltore e felice di esserlo – dice Fedele senza esitare nemmeno un istante. Non mi pesa alzarmi alle 5 di mattina e rientrare a casa la sera con le scarpe sporche di terra e le mani nere. Seguo la mia passione, senza smettere di mettermi alla prova, lavorando a nuovi progetti».

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