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CASTROVILLARI – Capace di intendere e volere. Questo l’esito della perizia comunicato questa mattina dai periti del Tribunale di Castrovillari, Roberto Catanesi e Felice Carabellesi, rispettivamente professori ordinario ed associato di Psicopatologia Forense presso la sezione di Criminologia e Psichiatria forense del Policlinico universitario di Bari, che hanno completato la perizia psichiatrica nei confronti di Domenica Rugiano, 54 anni, unica indagata per il duplice omicidio del marito e della figlia, Genovese Vincenzo e Rosa, rispettivamente di 67 e 26 anni, uccisi con colpi di fucile il 27 aprile scorso nella loro casa di campagna, in contrada Ficara del Rosario di Villapiana. I due periti hanno avviato l’accertamento nei confronti di Domenica Rugiano lo scorso 6 agosto. Ricordiamo che la perizia psichiatrico-forense loro affidata dal gup Carmen Ciarcia, aveva come finalità di accertare “la capacità di Rugiano Domenica di partecipare coscientemente al processo, nonché la capacità di intendere e di volere, con particolare riferimento al momento della commissione del fatto, la eventuale esistenza di patologie che possano aver determinato il comportamento criminoso e, in questo caso, la natura, durata e tipologia delle infermità eventualmente riscontrate, la pericolosità sociale dell’indagata e quant’altro utile ai fini della decisione”. All’udienza di questa mattina hanno preso parte, oltre al giudice Carmen Ciarcia, il pm Maria Grazia Anastasia, i legali di fiducia dell’indagata, avvocati Giuseppe Zumpano e Rossella Verbari e la parte civile, costituitasi in giudizio con Maria Genovese, figlia e sorella delle vittime, che ha affidato la difesa al legale di fiducia, avvocato Vincenzo D’Alba. Il duplice omicidio di Rosa e Vincenzo Genovese, pur risalendo alla mattina del 27 aprile, venne scoperto solo alle 19 e 30 di sera grazie ad un cercatore di asparagi che notando un uomo, poi identificato in Vincenzo Genovese, all’interno del cortile della casa colonica in ginocchio e con la testa poggiata su una panchina, avvertì i carabinieri. Ai militari dell’Arma si presentò una scena del crimine apocalittica: Vincenzo Genovese attinto da colpi d’arma da fuoco così come la figlia Rosa, rinvenuta nella sala-ingresso dell’appartamento di campagna, accasciata sul pavimento ed in una pozza di sangue. All’interno dell’abitazione, in una stanza attigua alla cucina, i carabinieri trovarono, adagiata su un divano letto, Domenica Rugiano, ferita con un colpo di fucile tra coscia ed anca che, soccorsa dai sanitari del 118, veniva trasferita d’urgenza presso l’ospedale di Rossano. Gli inquirenti, nella camera da letto dei coniugi Genovese, rinvennero un fucile a canne sovrapposte, regolarmente detenuto dal capofamiglia, posto sotto sequestro quale possibile arma del duplice omicidio e del ferimento dell’indagata. Domenica Rugiano, in ospedale ed in evidente stato confusionale, riferì di un uomo a lei sconosciuto, entrato in casa, quale autore del duplice omicidio. Parlò anche della “setta di San Michele” che la figlia Rosa aveva frequentato nell’ultimo anno, e che riteneva responsabile del fatto di sangue. Secondo Domenica Rugiano, quanto accaduto era riconducibile alle negative frequentazioni della figlia Rosa che avrebbe lasciato le antiche amicizie per frequentare un gruppo di preghiera, ritenuto equivoco. Il pm, Maria Grazia Anastasia ed il capitano dei carabinieri Pierpaolo Rubbo concentrarono le indagini sulla Rugiano, non avendo riscontrato presenze estranee sul luogo del duplice omicidio. Piu’ volte l’indagata fu sentita in ospedale dal sostituto Maria Grazia Anastasia che, di fatto, cercava di capire, attraverso i rapporti tra i membri della famiglia, lo stato ambientale in cui si era consumato il duplice omicidio. Poi, la confessione con la quale Domenica Rugiano ammetteva di essere stata l’autrice del duplice omicidio. Tuttavia durante l’interrogatorio di garanzia condotto in carcere dal gip Carmen Ciarcia, Domenica Rugiano, in lacrime ed in modo confuso, dichiarò di non ricordare quanto accaduto la mattina del 27 aprile, ritornando alla prima versione fornita, ovvero alla presenza di casa di un uomo che avrebbe sparato al marito, alla figlia e ferito lei che aveva provato a disarmarlo. Da qui, l’incarico ai periti di accertare la capacità di intendere e di volere dell’indagata.

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