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Per lo Sblocca Italia l’ultima parola sulle nuove trivellazioni a Viggiano spettera al premier, dopo la mancata intesa tra Regione Basilicata e governo. Sul tavolo anche i lavori necessari al dissequestro del Centro olio

di LEO AMATO

POTENZA – Il primo tentativo di mediazione spetta al dicastero dello Sviluppo economico del neo-ministro Carlo Calenda. Poi la palla passerà al premier Renzi, che avrà l’ultima parola sul nuovo pozzo di Eni nel Comune di Viggiano.
E’ quanto prevede l’ articolo 38 del contestatissimo Sblocca Italia, che nelle prossime settimane potrebbe essere messo alla prova dopo il “no” della Regione Basilicata all’intesa sul progetto del cane a sei zampe.
La richiesta di delocalizzare il pozzo Enoc 7 rispetto al punto già individuato dall’Eni, è in arrivo sul tavolo del governo, dove è prevista la presenza anche del governatore lucano Marcello Pittella, che per legge parteciperà alla decisione del premier, ma non avrà potere di veto se Renzi vorrà andare contro il suo parere.
La legge prevede infatti che «nel caso di mancata espressione da parte delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa, comunque denominati (…) nonché nel caso di mancata definizione dell’intesa» col governo, «il Ministero dello sviluppo economico invita le medesime a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni».
Questa è la diffida che a via Anzio attendono da un giorno all’altro.
Poi: «in caso di ulteriore inerzia da parte delle amministrazioni regionali interessate, lo stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale, entro sessanta giorni dalla rimessione, provvede in merito con la partecipazione della regione interessata».
In pratica, se dal Mise partisse oggi stesso la diffida indirizzata alla Regione Basilicata, tra massimo 3 mesi Renzi dovrà decidere il da farsi: se accogliere i rilievi del sindaco di Viggiano, o dare il via libera alla compagnia. Ma visto il referendum costituzionale alle porte, è probabile che i tempi si dilatino verso il prossimo inverno. Anche per evitare un nuovo scontro su un territorio che ad aprile si è mostrato compatto nella consultazione contro le trivelle in mare.
Probabile, invece, che si definisca prima l’altra partita aperta in materia di autorizzazioni. Quella del via libera atteso dalla compagnia per modificare il suo Centro olio, sempre a Viggiano, secondo le indicazioni dei consulenti dei pm di Potenza.
Eni avrebbe già sottoposto ai magistrati il loro progetto, che adesso sarebbe al vaglio dei loro consulenti. Poi saranno gli uffici a dover dare risposte in tempi brevi, ed è probabile che si apra un’interlocuzione a riguardo tra governo e Regione Basilicata anche su questo.
La compagnia in un primo momento ha sostenuto di aver individuato una soluzione che consiste nella «possibilità di apportare una modifica all’impianto in grado di determinare la separazione della produzione di gas da quella di olio e permettere di continuare nella reiezione delle acque di strato, soluzione che non richiede variazioni dell’autorizzazione principale attualmente in essere».
Ma mercoledì il presidente Emma Mercegaglia ha in parte rettificato, spiegando che nei giorni scorsi, è stata proposta agli uffici competenti «una piccola modifica all’impianto che auspichiamo sia autorizzato in tempi brevi».
L’Eni, che ha presentato comunque ricorso in Cassazione contro la decisione Riesame sul sequestro dell’impianto, auspica che «tale soluzione possa essere accolta dalla magistratura per permettere la riapertura dell’impianto, in attesa del giudizio che la società confida potrà chiarire la correttezza del suo operato».

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