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POTENZA – Romano Prodi rappresenta un pezzo del Pd molto vicino agli apparati economico-finanziari. Non sorprende quindi la sua proposta di aumentare le estrazioni in Italia per sopravvivere alla crisi del Paese. È una sorta di endorsement alle compagnie petrolifere ed uno spunto per questo Pd alle prese con riforme sostanziali soprattutto in materia energetica. È chiaro anche che quando l’ex premier parlava di Croazia si riferiva ai ricchissimi giacimenti nell’Adriatico, da sempre croce e delizia del dibattito nazionale. Non a caso Prodi ha sollevato un polverone nazionale: la Regione Veneto per esempio ha chiarito di essere contraria a trivelle soprattutto vicino Venezia «già gravemente minata dalle estrazioni dal gas naturale». Diverso parere è invece la Provincia di Ravenna, che valuta positivamente l’idea di maggiori introiti attraverso l’aumento di produzione. Ma un altro parere contrario arriva dal sindaco delle isole Tremiti, promotore di una battaglia anti trivelle che adesso sembra ripresentarsi. Anche lui dice di essere contrario e promuove una «risoluzione Italia-Croazia per scongiurare le estrazioni nell’Adriatico».

E questa è una parte: in Basilicata invece a farsi sentire, dopo Lacorazza, sono i sindacati Ugl e Cisl e i comitati ambientalisti. Tutti con una personale “ricetta” da offrire a Pittella ad un giorno di distanza dall’incontro con il ministro Guidi. «Sulla questione petrolio – dice Falotico – vedo troppi galli che cantano».

Il riferimento è chiaro: l’uscita di Prodi è vista come l’ennesimo tentativo di confondere le acque. «Se riusciamo a fare massa critica e a parlare con una sole voce, potremo far sentire forte la nostra voce nei palazzi romani; se al contrario continueremo ad andare in ordine sparso e a perderci in polemiche inutili, diventeremo terra di conquista dei trivellatori».

Falotico abbraccia la linea Pittella sulla questione bonus idrocarburi: «meglio – scrive – destinare i fondi segnatamente alla lotta contro la povertà e per creare vere occasioni di occupazione per i giovani». E poi ci sono i comuni della Val d’Agri che «hanno male utilizzato centinaia di milioni. Con queste importanti risorse si sarebbero potute fare tante cose. Su questo punto serve trasparenza, per questo ritengo che si debba andare verso una conferenza regionale sul petrolio».

L’Ugl è invece preoccupata e chiede a Pittella di distanziarsi dalle dichiarazioni di Prodi. ma da Pittella, impegnato nel suo tour per presentare il bilancio regionale, ancora non arriva nessuna indicazione. «Dire che il nostro Paese è al primo posto per riserve di petrolio in Europa – scrivono Tancredi e Giordano dell’Ugl – e che queste risorse restano non sfruttate, vuol dire non solo conoscere i danni che le estrazioni di idrocarburi hanno prodotto in Basilicata, ma anche ignorarne la complessità e dimenticarsi ancora una volta delle popolazioni che sono costrette a subire tutte le problematiche connesse alle estrazioni. Se il “generale” Romano Prodi trova delle ottimi soluzioni di salvataggio per l’Italia  si e si arrabbia, l’Ugl Basilicata rammenta che i lucani sono alla fame».

Insomma, nessuno sembra voler supportare Prodi, tantomeno Miko Somma che parla di Prodi come «grande cerimoniere degli sciagurati accordi del 1998, legato a Nomisma-Energia, la sigla lobbystica dietro cui si nasconde neppure troppo velatamente un intreccio di legami ed interessi sodalistici il cui scopo è la creazione di profitto ad ogni costo per le compagnie ed i maggiori introiti fiscali per lo Stato.

Il vero punto si riassume in una domanda diretta al presidente Pittella in occasione dell’incontro di mercoledì con il ministro allo sviluppo economico Guidi, già autrice di dichiarazioni molto stringenti sull’argomento estrazioni, e cioè se il presidente intenda mettere un secco no ad ogni ipotesi del genere in una legislazione che ancora mantiene il pallino in sede regionale, o se all’incontro ci vada per “pesare” politicamente un no offerto con una ulteriore quota di estrazioni concesse, ancorché non richieste ancora (20.000 barili-giorno, come dalle dichiarazioni ufficiali della strategia), un sì molto renziano, quindi del fare, quindi trivellare, od il più probabile “ni” che contratta e che nulla risolverebbe viste le differenze di “peso” tra una regione, la Basilicata, che fa parte di un paese, l’Italia, una regione abitata da italiani che sono anche lucani ed in quanto tali vanno rispettati, ed il concerto di “voci grosse” che con sconquasso e clangore di media declinano il sacrificio estremo d’una terra lasciata finora sola, prima sedotta di royalties e benefici, poi abbandonata alla perdurante “palude” del non riuscire mai a far di conto tra danni prodotti e vantaggi non pervenuti».

E poi c’è il comitato No Triv che in una lettera al ministro Guidi scrive che sul petrolio «non c’è stata nessuna partecipazione cittadina come prevedono le leggi e convenzioni internazionali alla discussione sulle estrazioni petrolifere, nessuno studio scientifico imparziale e non di parte sui luoghi dove trivellare (non siamo in un deserto). Nessuna Valutazione ambientale strategica. Poche Via dove sono state considerate le osservazioni tecniche e scientifiche de cittadini da parte della Regione Basilicata. Monitoraggi ambientali partiti con  circa dieci anni di ritardo e ancora non  perfettamente in linea con le attese  dei cittadini, limiti di emissioni tra i più alti al mondo (vedasi il caso del  H2s) e limiti  ambientali inesistenti nei confronti dei petrolieri che  trivellano vicino le case».

IL GOVERNO VUOLE DI PIÙ – I dati parlano chiaro, tanto che il Governo ha confermato l’orientamento contenuto nella Strategia Energetica Nazionale (Sen). L’obiettivo è raddoppiare entro il 2020 le estrazioni di petrolio e gas. Stando alle stime si potrebbero attivare 15 miliardi di euro di investimenti e creare 25 mila posti di lavoro stabili e addizionali, ridurre la bolletta energetica di 5 miliardi l’anno e ricavare 2,5 miliardi l’anno di entrate fiscali sia nazionali che locali.

In Italia sono attivi 200 giacimenti e ci sono 976 pozzi e 130 piattaforme che estraggono circa 13 milioni di tonnellate fra petrolio e gas. Nel 2013 si è registrata una produzione di 5,48 milioni di tonnellate di petrolio (contro 5,37 milioni di tonnellate nel 2012) e una produzione di gas pari a circa 7,6 mln di tonnellate equivalente di petrolio.

Gran parte della produzione di greggio in Italia deriva dalle concessioni ubicate in terraferma (4,76 milioni di tonnellate pari a 87% della produzione nazionale), in particolare in Basilicata (72%) e in Sicilia (13%). In terraferma infatti si può riscontrare un generale decremento della produzione (- 3%) con l’unica eccezione della regione Siciliana (+5%).

v.panettieri@luedi.it

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