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Melfi traina la ripresa. In un’inchiesta pubblicata ieri in prima pagina da Affari&Finanza, Roberto Petrini ha raccontato il cosiddetto «Effetto Melfi sui consumi, così decolla la ripresa dopo il rilancio della fabbrica» (qui un video di presentazione). Il reportage dal comune del Potentino occupa due pagine all’interno del settimanale economico di Repubblica. «A Melfi – scrive l’inviato – l’auto è tornata ad essere uno status symbol. A Melfi ci sono operai che girano con il primo modello di jeep costruito fuori dagli Stati Uniti. A Melfi si celebra il riscatto della fabbrica automobilistica. Doveva finire nei paesi a basso costo del lavoro, lasciare gli opulenti pachidermi industrializzati dell’Occidente, e invece sta guidando la gracile ripresa italiana». Ad aprile gli acquisti nei supermercati lucani sono cresciuti di circa il 5%, più del doppio rispetto alla ricca Lombardia. Un trend che conferma la tendenza registrata a inizio anno dall’amministratore delegato di un grande gruppo come Conad, Francesco Pugliese: «Analizzando i trend, si evince che ci sono Regioni come la Basilicata che nei primi 3 mesi dell’anno hanno riportato performance molto positive (+8,3% a valore e +12,5% a volume) e nel mese di marzo addirittura migliori (+9,1% a valore e +13,4% a volume). Un dato per certi versi inatteso ma giustificato in quell’area da una ripresa dell’occupazione con la creazione di 1500 nuovi posti di lavoro nello stabilimento di Melfi. A conferma che i consumi ritornano a crescere solo se a monte c’è una stabilizzazione del lavoro». E la produttività di Melfi genera altra ricchezza: il porto di Civitavecchia, da dove partono le vetture fabbricate in Basilicata destinate al mercato nordamericano, si sta affermando come “hub” italiano del settore automotive.
«A Melfi lavorano in 8mila, con l’indotto si arriva a 12mila persone impiegate direttamente o indirettamente nelle tre linee di montaggio per la Jeep Renegade, la 500X e la Grande Punto. Meno del 10% degli addetti è residente a Melfi, gli altri vengono dai Comuni della Basilicata, della Puglia, della Campania, della Calabria in minima parte. A Melfi siamo ormai alla seconda generazione di operai». Mania racconta la storia esemplare di Gerardo Evangelista, figlio di un operaio emigrato a Stoccarda, entrato in Fiat nel 1993 a vent’anni con un diploma di perito agrario. «Oggi è il segretario della Fim-Cisl della Basilicata, ma per quasi due decenni ogni giorno si è fatto 220 chilometri in pullman per andare e tornare da Tricarico a Melfi». E quella del 31enne Rocco Soldo, ingegnere specializzato in logistica, anche lui pendolare ma da Matera. Perché l’“effetto Melfi” è anche demografico: radunare la popolazione in un raggio di circa 100 km nella regione campionessa nazionale di dispersione demografica (58 abitanti per kmq).
La tendenza è soprattutto economica, però: la fine della cassa integrazione e una retribuzione media di 1500 euro mensili – ma si superano anche i 2mila, e poi c’è il discorso della premialità – ha generato fiducia. È finita anche la cig alla Barilla, gruppo che aveva scelto Melfi ancora prima del colosso torinese dell’auto. L’inviato di Repubblica cita anche la politica degli affitti dell’amministrazione melfese (bonus di 150 euro al mese per tre anni in case periferiche e 250 per quelle in centro) mentre i proprietari non pagano Tasi e tasse sui rifiuti.

 

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