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POTENZA – E’ di nuovo in carcere da venerdì, e stamattina dovrà comparire davanti al magistrato per l’interrogatorio di garanzia Aniello “Daniele” Barbetta.

Il 23enne di Rionero è accusato del tentato sequestro, a Roma ad agosto del 2012, di Silvio Fanella, il “cassiere” di Gennaro Mokbel, che nascondeva contanti e diamanti per svariati milioni di euro ed è stato ucciso il 3 luglio in un blitz fotocopia finito male.  

A disporre il suo arresto è stato il gip di Roma Massimo Battistini dopo la mancata convalida del fermo eseguito l’8 luglio, sempre dai carabinieri del nucleo operativo di Melfi e del Ros di Potenza, per ordine dei pm romani Giuseppe Cascini e Paolo Ielo.

Barbetta era stato rimesso in libertà 2 giorni dopo dal gip delegato su Potenza, Amerigo Palma, per cui non ci sarebbero state esigenze cautelari a suo carico, né quei caratteri di «urgenza e contingenza» previsti dal codice per emettere una misura cautelare “provvisoria” su un fatto di competenza di un altro Tribunale, che in questo caso sarebbe Roma. 

Ma un decreto di fermo identico a quello di Barbetta era stato spiccato anche nei confronti di chi è accusato di averlo reclutato: Roberto Macori, 40enne romano, considerato uno dei membri più fidati della banda dell’imprenditore “nero”; e l’“intermediario” Giovanni Plastino, 35enne di Rionero, già in carcere per una condanna definitiva per mafia ed estorsione col clan melfitano dei Cassotta.

Con loro i giudici non avevano mostrato gli stessi scrupoli, e per il primo lo stesso gip Battistini aveva convalidato il provvedimento, ed emesso in maniera contestuale un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Mentre il secondo, detenuto in Abruzzo, era finito di fronte a un magistrato di Teramo, Domenico Canosa, che non aveva convalidato il fermo ma avrebbe disposto comunque un’ordinanza di custodia in carcere, poi convalidata da Battistini. Per questo anche Plastino stamattina dovrà comparire di nuovo davanti a un magistrato per l’interrogatorio di garanzia.

In pratica i pm dell’Antimafia della capitale, non appena ricevuti indietro gli atti da Potenza, non hanno perso tempo chiedendo un nuovo arresto di Barbetta per il pericolo che colpisca ancora.

Agli atti dell’inchiesta dei carabinieri al comando del capitano Antonio Milone, che hanno svelato il tentativo di rapire Fanella già nel 2012, c’è infatti anche un altro «progetto di sequestro di persona a scopo di rapina».

 L’obiettivo sarebbe stato l’abbazia di San Michele Arcangelo, incastonata nella splendida cornice dei laghi di Monticchio, e soltanto per l’intervento dei militari avrebbe impedito che fosse portato a segno. Proprio come quello di Fanella, considerato il “custode” del bottino della maxi-frode da 2 miliardi di euro Telecom Sparkle- Fastweb.

Oggi assieme a Barbetta nel carcere di Melfi ci saranno anche i suoi legali, Gaetano Araneo e Iuri Bifaro. «Ribadiremo che il nostro assistito non era a Roma il giorno dell’omicidio di Fanella». Spiegato l’avvocato Araneo. «Abbiamo elementi documentali per dimostrare che era in tutt’altra parte d’Italia».

Resta ancora a piede libero, invece, «Roman», il terzo lucano coinvolto, su cui gli inquirenti della capitale cercano ancora elementi per un’identificazione certa, a differenza dei colleghi potentini.

Per i pm ci sarebbero «numerose similitudini» ed «evidenti collegamenti» tra con il tentativo di sequestro di Fanella del 2012 e il colpo finito in tragedia il 3 luglio. In particolare, il ruolo di due «finanzieri» (veri o presunti tali): una coincidenza tanto più importante se si pensa che era l’unico dettaglio rimasto a conoscenza solo degli “addetti ai lavori” – oltre che degli autori del primo tentativo di sequestro – dopo le notizie apparse a fine maggio sul Quotidiano della Basilicata.

l.amato@luedi.it

 

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