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ROMA – «Il valore del risparmio è nel Dna dei nostri concittadini, anche – e forse soprattutto – in momenti difficili come questo». Si racchiude un po’ in questo messaggio, l’intervento del Presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, in apertura della novantesima “Giornata mondiale del risparmio”. In una ricerca elaborata dall’Ipsos , risulta evidente che, per il secondo anno consecutivo, la quota di risparmio degli italiani è aumentata, dal 29 al 33 per cento. Un segnale incoraggiante che aumenta la capacità del sistema bancario di sostenere le imprese e con esse le prospettive di crescita e di sviluppo della nostra economia.

Presidente Tricchinelli, come valuta la relazione del Presidente Guzzetti? Il risparmio, nonostante tutto, continua ad essere una “virtù degli italiani”. Un rifugio che preferisce depositi e titoli sicuri, anziché il rischio della Borsa e delle azioni.

«Sì, mi sembra proprio questo il messaggio che vien fuori dalla Giornata del Risparmio. Vorrei, però, andare oltre e approfittare di questa occasione per rinnovare al Presidente Guzzetti che, continua a governare le Fondazioni italiane, con un equilibrio e una competenza che gli fanno onore. Presiede l’Acri dal 2000, ma già in precedenza, come Presidente della Regione più ricca d’Italia, la Lombardia e con la sua vasta esperienza parlamentare, ha manifestato, in questa sua “missione civile”, tutto il suo spessore umano, morale e culturale, con la bussola sempre rivolta al servizio della collettività e del bene comune».

Dicevamo della relazione del Presidente Guzzetti, dei suoi punti salienti.

«Mi viene in mente una famosa definizione: “ Il ricco non è colui che spende molto, ma colui che sa risparmiare”. E’ vero, però, che, nel nostro Paese, se è aumentata questa predisposizione, non altrettanto è aumentata, in termini assoluti, la quantità di risparmio delle famiglie. Ma qui entriamo in un altro ambito, che è quello della politica economica e non più della sola politica monetaria».

Dopo gli Stress-test della Bce, la stragrande maggioranza delle Banche italiane è stata promossa. Il sistema bancario italiano è solido e non ha dimostrato crepe come quello americano o greco. La stessa moneta comune, l’euro continua ad essere una valuta di tutto rispetto sui mercati internazionali. Ma allora, si chiedono in tanti, perché l’economia italiana è in crisi? Perché questa incredibile disoccupazione giovanile? Perché quest’aumento della povertà nel nostro Paese?

«Sembra un paradosso, ma la realtà è molto più complessa. Lo ha spiegato bene il Governatore della Banca d’Italia. Nell’eurozona, questa bassa crescita ha radici strutturali. Non risale né a ieri né ad avantieri. Ha radici più profonde. La Globalizzazione ha prodotto grandi cambiamenti e le economie dei paesi europei (in specie quelle mediterranee) faticano ad adattarsi. L’Italia è tra queste».

Il Governatore ha detto chiaramente, rivolto non solo alla Commissione europea, ma soprattutto al nostro Governo, che la politica monetaria, da sola, per quanto ben calibrata e governata, non può assicurare il benessere e la crescita economica di un paese. Lei conviene su questo?

«Nel modo più assoluto. Accanto alla politica monetaria e cioè al governo della moneta e dei tassi d’interesse, deve affiancarsi una politica di bilancio vigorosa, coraggiosa e di sostanziale risanamento dei conti pubblici. E sempre il Governatore ha più volte auspicato un’azione comune per sostenere gli investimenti pubblici. Sono dati impressionanti ma, nell’eurozona, questa voce è diminuita di un quarto, in quattro anni. Il 25% in meno di investimenti, spalmati sui paesi dell’Unione Europea, rappresenta, per le nostre economie in affanno, una cifra molto, molto alta».

E sul Mezzogiorno, che valutazioni possiamo trarre da questa Giornata?

«Tutti gli oratori intervenuti, dal presidente Guzzetti, al Governatore Visco, dal presidente dell’Abi, Patuelli, finanche al Ministro dell’Economia, hanno concordato su un punto: la politica dell’austerità, e del rigore fine a se stessa impoverisce la popolazione, manda in depressione l’economia e acuisce le disuguaglianze sociali. Questo scenario, son già diversi anni che lo stiamo sperimentando in Italia, ma ancor più nel Mezzogiorno. Bisogna invertire la rotta. Dovremmo rivedere un po’ tutta la filosofia dell’approccio allo sviluppo economico del Sud, che ha immense potenzialità di espansione sui mercati mediterranei, del Nord Africa e del Medio Oriente. La Magna Grecia, i Fenici e la stessa Cartagine ci potrebbero insegnare molto su come si può sviluppare, attraverso il commercio, la cultura e le relazioni internazionali, il benessere e la prosperità di un popolo».

La cultura che incrementa il benessere e l’economia del Paese. Il 17 ottobre scorso, Matera è stata designata Capitale europea della Cultura per il 2019. Secondo Lei, la Basilicata, saprà sfruttare questa occasione d’oro? Oppure c’è il rischio che la Regione non sappia fare sistema e si lasci sfuggire questa manna che le offre in dono l’Europa?

«Dobbiamo dare atto al Comitato Matera 2019, al Sindaco e a tutte le energie intellettuali che si sono mobilitate per questa “investitura”, di aver svolto un lavoro di grande spessore culturale, di serietà e intelligenza. Tanto di cappello, quindi, a Matera. E ricordiamo cos’era, nella percezione pubblica nazionale, la città dei Sassi. Una “vergogna nazionale”, popolata da una umanità povera e dolente, immersa in un Tempo senza Storia. La descriveva, così, Carlo Levi, nel suo “Cristo si è fermato a Eboli».

E, invece, sessant’anni dopo, la civiltà contadina si è presa la sua rivincita.

«Proprio così. E io direi non solo la civiltà contadina, ma tutta Matera, la sua Provincia, la Basilicata. Terra del silenzio; Regione dimenticata da Dio e dagli uomini; Territorio inaccessibile e sempre isolato dai grandi circuiti nazionali. Così, per molto tempo, hanno descritto e narrato la Lucania. Ora, possiamo finalmente mettere la parola fine a questi stereotipi che hanno danneggiato l’immagine, la storia e la bellezza di Matera e di tutta la nostra Regione. Leggevo da qualche parte che, da una prima stima effettuata da operatori culturali e turistici, “pioveranno” su Matera, di qui al 2019, circa 30 milioni di euro. Non sono affatto d’accordo! A bocce ferme, ne arriveranno 30. Ma se parte il “treno dei desideri”, e cioè robusti investimenti, nuove infrastrutture, organizzazioni di eventi nazionali e internazionali, rimesse dei turisti e altri finanziamenti comunitari, beh, allora dobbiamo parlare di ben altre cifre. Cinque, forse anche dieci volte di più di quella stimata. Ora, però, non abbiamo più alibi. Matera – e, con lei, tutti noi lucani -, dovrà dimostrare all’Europa e all’opinione pubblica internazionale che da villaggio troglodita, si è trasformata in una delle Città più belle mondo, aperta, colta e cosmpolita».

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