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di SARA LORUSSO
POTENZA – «Signora, più o meno quanto guadagna? E poi, vive da sola o i suoi figli sono con lei a casa? Con calma, signora, adesso capiamo insieme». Perché come fai a pretendere che un anziano possa dettagliare con rigore la propria situazione economica equivalente, che sappia con cetezza che il reddito è cosa diversa dalla cifra necessaria per stabilire la quota di ticket da pagare. «Già, come fai?». E allora il coas è quasi prevedibile davanti ai banconi delle farmacie che all’improvviso – dopo un paio di giorni di smentite ufficiose e contrordini ancora meno ufficiali – hanno dovuto fare i conti con la nuova modalità di applicazione dei ticket sanitari sulle ricette. Novità anche sulle prestazioni specialistiche: ci sono nuove modalità per il pagamento del ticket pure su questi esami.
Dal primo ottobre in vigore – in realtà solo da ieri a pieno regime – e in pieno clima di incertezza, la piccola rivoluzione nel sistema sanitario ha dato spazio a proteste, malumori e disagi per gli utenti. Dell’introduzione dei nuovi ticket si sapeva, in fondo, già da agosto, quando la manovra finanziaria regionale ha recepito indicazioni nazionali e messo mano ai conti della sanità lucana. Ma solo pochi giorni fa la delibera regionale proposta dall’assessore Attilio Martorano ha ratificato i criteri e le modalità per l’applicazione dei nuovi ticket su ricette farmaceutiche e prestazioni specialistiche (il primo tarato sull’Isee dei pazienti, fino a un massimo di 2,50 euro a ricetta; il secondo calcolato in maniera proporzionale al costo delle prestazioni prescritte: più sono costosi gli esami, più è elevato il nuovo ticket da pagare). Questa seconda tassazione è una “nuova versione” dei 10 euro di tassazione imposti dal governo nazionale sulle prestazioni specialistiche. La Regione Basilicata aveva soltanto il dovere di rispettare il dato complessivo sulla previsione di introito. Ha scelto, così, di rimodulare la tassa.
Ma se per le prestazioni a costo minimo il ticket è inesistente, l’effetto, in alcuni casi, è pesante. Uno degli esami più costosi della medicina specialistica, la risonanza magnetica, fino a prima dell’introduzione del nuovo ticket costava circa 36 euro. Con il ticket introdotto dal governo centrale la spesa per il paziente saliva a 46 euro. Con la nuova rimodulazione introdotta dalla Regione Basilicata la spesa per la risonanza può arrivare a 66 euro.
«Ho speso decisamente troppo», ripetevano alcuni pazienti in coda agli sportelli dell’ospedale San Carlo, a Potenza, che proprio non avevano previsto l’innalzamento improvviso del ticket sanitario sugli esami da fare. «Non so quanto devo spendere», ripetevano, invece, i pazienti in coda nelle farmacie, che non erano pronti a dover dettagliare la propria situazione economica.
Non è stato più semplice per gli operatori. Ufficialmente il nuovo sistema per il calcolo del ticket è entrato in vigore sabato scorso, ma solo ieri mattina – superato il week-end con la maggior parte delle farmacie chiuse – il disagio è apparso reale. «Abbiamo avuto notizie solo stamattina», spiegano ieri numerosi farmacisti del centro storico del capoluogo. Quando venerdì pomeriggio Federfarma (l’associazione di categoria dei farmacisti) aveva annunciato un “alt” alla sperimentazione, in parecchi avevano tirato un sospiro di sollievo. Poche ore dopo, però, nuova comunicazione ufficiale: la delibera regionale è legge, non si può far finta di niente. Si parte. Con informazione praticamente inesistente e i sistemi informatici delle farmacie aggiornati nottetempo in rete. Talvolta, direttamente ieri mattina, dopo la comunicazione tardiva arrivata alle aziende che gestiscono i data base delle farmacie.
Caos e disagi, code (lunghissime in ospedale) e malumori. «C’è voluta parecchia pazienza e non possiamo che chiedere ancora collaborazione ai cittadini – ha spiegato ieri Franco Caiazza, presidente di Federfarma di Potenza – Noi ci stiamo impegnando, con pazienza, a spiegare agli utenti come avere l’Isee, dove trovare i modelli, come pagare il ticket. Ma certe scelte non possono pagare improvvisazioni». I farmacisti, i medici e pure gli operatori della sanità privata avrebbero preferito più tempo per adeguare sistemi, informare i cittadini, non andare allo sbaraglio. «E’ chiaro che superato questo disagio, ci aspettiamo che non si ripeta per la prossima fase, quella in cui l’autocertificazione non sarà possibile». Da dicembre i cittadini dovranno possedere il tesserino che le Asl rilasceranno in base alla situazione economica. Meglio evitare, ancora una volta, ordini e contrordini.

Sara Lorusso

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