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HA TROVATO il coraggio di denunciare dopo un anno vissuto all’inferno. Un girone di lussuria chiuso tra le quattro mura di un’abitazione di Tito. All’inizio deve aver pensato che fosse una fortuna partire dalla Romania per crescere in Italia, ma la realtà si è dimostrata molto più dura di quanto chiunque potesse immaginare. Con l’accusa di atti sessuali con minore di anni quattordici il collegio del Tribunale di Potenza ieri mattina ha condannato Biagio Teodosio Basile (in foto) a 6 anni di reclusione più una serie di pene accessorie come l’interdizione legale, dalla tutela degli incapaci, e dai pubblici uffici in via perpetua. Una sentenza che gli avvocati delle parti, Giuseppe Di Giuseppe per Basile, Raffaele Petracca e Gelsomina Cassina per la parte offesa, non hanno esitato a definire «esemplare». Un monito, in sostanza, che conferma la linea di durezza intrapresa dal Tribunale di Potenza rispetto alle ultime riforme legislative in materia che hanno irrigidito il regime previsto per questo tipo di reati. La vicenda risale agli inizi del 2004. La ragazzina era arrivata in Italia dalla Romania per raggiungere la sorella, che conviveva con quest’uomo a Tito, un sessantenne incensurato, con la fama di un gran lavoratore. Ma all’interno di questa nuova famiglia covava qualcosa di perverso. Di solito comincia come un gioco, ma non smette e si fa ossessivo, disarmante, una persecuzione. Basile avrebbe cominciato a palpeggiarla costringendola a subire più e più volte le sue insistite avances. Lei gli avrebbe resistito tenendo dentro la sofferenza fino a scoppiare e scappare via di casa verso Roma, dove ha trovato ospitalità da alcune amiche. Lì si sarebbe fatta forza e avrebbe denunciato tutto ai carabinieri, che hanno trasmesso l’indagine per competenza a Potenza dove gli agenti della sezione specializzata della squadra mobile hanno svolto tutti gli accertamenti del caso. La ragazza è stata accolta in una casa famiglia dove ha intrapreso un percorso con gli assistenti sociali che le ha permesso di costruirsi una vita nuova dimenticando quanto accaduto. Ma prima che i ricordi si facessero sfumati, e intervenisse un fenomeno psicologico di rimozione degli eventi, come accade molto spesso in casi come questo, gli investigatori della procura della Repubblica di Potenza hanno chiesto e ottenuto l’incidente probatorio. Alla presenza del pm Annagloria Piccininni, dei legali e del giudice per le indagini preliminari la ragazza, che oggi è maggiorenne, ha confermato quanto esposto nella denuncia aggiungendo particolari raccapriccianti sul suo trascorso. Per la delicatezza della materia il processo si è svolto con la massima cautela e per tutta la durata del dibattimento le porte dell’aula Croce, al secondo piano del Palazzo di giustizia sono rimaste serrate. Basile ha scelto di essere presente a tutte le udienze, si è fatto interrogare, e continua a gridare la sua innocenza. Da tempo la compagna l’ha abbandonato, ma non è stata una separazione tranquilla. Il suo avvocato, Giuseppe Di Giuseppe, ha in mente di proporre un ricorso in Corte d’appello, ma intanto aspetta il deposito delle motivazioni. La richiesta dell’accusa, rappresentata dal pm Sergio Marotta, era stata di 7 anni di reclusione, ma il collegio deve aver pensato che 6 potessero bastare, anche perchè dei due capi di imputazione ne è rimasto in piedi solo uno, il più grave. Per il secondo è stata pronunciata una sentenza di assoluzione. «Non c’è accanimento». Ha dichiarato all’uscita dell’aula l’avvocato Gelsomina Cassina che assieme a Raffaele Petracca ha assistito la ragazza. «C’è piuttosto voglia di giustizia, anche in termini di ristoro per quanto ha sofferto la nostra assistita. È chiaro che gli eventi si sono svolti in un quadro che potremmo definire di degrado psicologico. Gli episodi sono stati reiterati. Non possiamo che essere soddisfatti per la decisione del Tribunale».
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