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Caro Direttore,
non è facile discutere di magistratura e politica nel clima avvelenato degli anni che viviamo, ragionandone con la necessaria freddezza e distanza critica e con la tranquillità di non essere risucchiati dentro schemi e pregiudizi interpretativi inevitabilmente partigiani. Non lo è per l’impostazione eversiva che al rapporto tra i poteri costituzionali ha dato, ormai da oltre quindici anni, Berlusconi, comprimendo di fatto gli orientamenti dell’opinione pubblica in materia di giustizia in due grandi partiti contrapposti. Ma non lo è neppure qui da noi, in Basilicata, dove un considerevole movimento di opinione sui temi della legalità è andato crescendo proprio sull’onda di alcune assai controverse vicende giudiziarie, proprio mentre una giustizia d’assalto puntava ripetutamente i suoi riflettori sul cuore del sistema politico regionale.
Perciò trovo assai interessante e stimolante, non solo dal punto di vista giornalistico, la discussione che hai sollecitato e che stai ospitando sul tuo giornale in margine alla sentenza di archiviazione di Toghe lucane.
Un’inchiesta clamorosa e devastante, originata o comunque condizionata da una guerra dei lunghi coltelli all’interno della magistratura, che ha inseguito le tracce di presunte oligarchie di potere e delle loro supposte deviazioni, con interi pezzi della classe dirigente passati al setaccio per “associazione a delinquere”, con la rappresentazione di una fitta ed oscura rete di intrecci e di scambi tra politica ed economia criminale e con un link implicito ad alcune delle più orrende storie che hanno ferito in questi anni la coscienza del popolo lucano e gettato sull’immagine mediatica della regione un’ombra di mistero e di maleficio. Una vera chiarificazione si impone. E’ giusto che oggi si rimettano a posto i tasselli di tutte quelle vicende che hanno segnato la nostra regione, illuminando anche le aree oscure e grigie del loro contesto, in modo che si possa finalmente riuscire a comprendere le ragioni profonde di un così risoluto attacco alla credibilità ed alla reputazione di una classe dirigente generalmente giudicata di qualità superiore alla media delle élite meridionali. Un attacco al quale non è rimasta estranea la stessa grande stampa.
E’ questa, a mio giudizio, la questione di gran lunga più rilevante dal punto di vista politico. E difatti, accanto alla soddisfazione di vedere interamente riconfermata la rispettabilità delle singole personalità coinvolte (penso con particolare stima ed affetto a Filippo Bubbico ed all’inaudita campagna diffamatoria cui è stato sottoposto da autentici killer della carta stampata), io leggo nell’archiviazione dell’inchiesta un principio di dissipazione dell’aria di veleni e di sospetti, che ha per lungo tempo appesantito il clima della vita pubblica, e insieme la riprova che questa regione può e deve continuare a salvaguardare e consolidare il fattore di forza che ha sempre fatto la differenza: il suo capitale sociale e più precisamente il rapporto di fiducia tra una comunità dignitosa e generosa e una classe dirigente seria, capace, affidabile.
Che sia questo rapporto di fiducia il nostro principale asset ne siamo ben consapevoli. Non a caso, a partire dal seminario di Rifreddo, abbiamo accentuato la nostra attenzione ed il nostro impegno su quello che la politica può e deve ancora fare per migliorare se stessa ed il suo modo di proporsi, per rafforzare dinamiche di sviluppo virtuose ed equilibrate, per promuovere un rapporto di maggiore autonomia tra politica e società, per spostare risorse crescenti alla creazione di beni collettivi. E¹ questa la ragione per cui siamo impegnati a mettere sempre di più al centro della nostra iniziativa politica i temi della efficienza, della trasparenza, della sobrietà, in quell¹orizzonte di nuova etica pubblica di cui proprio qualche giorno fa ha brillantemente illustrato i contorni il Presidente De Filippo su questo giornale e di cui sono già testimonianza le intelligenti dichiarazioni del tempo dell’allora segretario Lacorazza e la stessa ultima efficace riflessione del capogruppo Viti.
Credo sia questo il contesto giusto nel quale politica e società regionale possono e debbono ritrovare una sintonia profonda. Ho partecipato alcuni giorni fa, come tantissimi concittadini, alla coloratissima manifestazione di Libera. Ho attraversato tutto il corteo, dall’inizio alla fine, e l’ho visto interamente percorso da un sentimento forte di adesione alla lotta contro ogni tipo di malaffare e per l’affermazione di una società più giusta e più equa. Ed ho rafforzato la mia convinzione che l’energia di quella gente, la passione della nostra gente, è una risorsa politica e morale straordinaria di cui non è possibile fare a meno, non solo nella grande mobilitazione democratica contro l’incessante attacco berlusconiano all’ordinamento costituzionale, ma anche per fare avanzare un qualsiasi progetto di rinnovamento e di progresso.
Ecco perché ritengo che siamo ad un giro di boa. L’archiviazione dell’inchiesta Toghe lucane e il ritrovato clima di serenità all’interno degli uffici giudiziari regionali possono rappresentare un importante punto di svolta per condurre il rapporto tra magistratura, informazione e politica fuori da quell’inquietante cortocircuito che tanti effetti deleteri ha disseminato anche da noi. Ci sono tutte le condizioni e deve manifestarsi ogni disponibilità perché la coscienza civile della regione possa ricompattarsi su un approccio equilibrato, non minimalistico né giustizialistico, ai temi della legalità che sono poi i temi di una giustizia “giusta”, con una magistratura tanto rigorosa nel perseguire i reati quanto misurata nell’inseguire i teoremi.
Assicuro che il Pd lavorerà senza timidezze e senza riserve a tale obiettivo.

Roberto Speranza
Segretario regionale Pd

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