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TORINO – Prosegue a Torino il processo per l’omicidio del consigliere comunale di Torini Alberto Musy ferito in un agguato nel marzo 2012, è morto lo scorso ottobre, dopo 19 mesi di coma. Ucciso, secondo l’accusa, dal calabrese Francesco Furchì. Nell’udienza svoltasi oggi sono stati ascoltati l’ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, la moglie e la sorella della vittima.

Secondo quanto dichiarato dallo stesso ex sindaco Furchi chiese insistentemente un posto in giunta, Chiamparino ha ricordato di aver incontrato Furchì nel corso della campagna elettorale del 2001 e subito dopo la vittoria «lo incontrai ancora una o due volte, mi chiedeva di far parte della giunta, voleva entrare in squadra, ma un pò per equilibri politici, un pò perchè non lo conoscevo, rifiutai. So che tornò altre volte negli uffici a chiedere». Chiamparino ha poi sottolineato che «l’insistenza nel chiedere posti, potrei dire anche oggi, è un’aggravante». Sempre ripercorrendo quel periodo l’ex amministratore ha aggiunto che un suo collaboratore lo sconsigliò sul dare credito a Furchì: «Lo conosco, lascia stare, stagli lontano».
Molto toccante la testimonianza di Angelica Musy, moglie della vittima, la quale ha affermato che «la parola omicidio seguirà le mie figlie per tutta la vita», bambine che «hanno avuto prematuramente la consapevolezza che un uomo che amavano, un uomo molto mite, è stato completamente annientato con premeditazione. E’ un pò troppo per delle persone che si affacciano alla vita». La donna ha definito questi “i due danni” che vede per le sue bambine dopo la morte del marito. «Erano abituate ad andarlo a trovare quando era ricoverato e raccontargli la loro vita. Una mano calda era comunque meglio di una pietra fredda».
Anche la sorella di Musy, Antonella, ha deposto in udienza rimarcando di sentire «un enorme senso di insicurezza e un vuoto incolmabile. E’ venuto meno un punto di riferimento. C’è anche un senso di angoscia per la dinamica di quanto successo che ti accompagna quotidianamente. Per mia madre – ha aggiunto – è stato un disastro, un costante senso di nausea. La durezza che ora si legge sul suo volto e nelle sue frasi è incredibile, si è costruita una corazza, per noi è una tragedia immane». Antonella Musy ha ricordato la carriera professionale di avvocato del lavoro costruita insieme al fratello «cercava sempre la mediazione».
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