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TORINO – Svolta nel caso sul tentato omicidio dell’avvocato Alberto Musy: a sparare sarebbe stato un calabrese, ma la ‘ndrangheta non c’entra. Il movente sarebbe stato legarto a ragioni economiche. Le indagini, coordinate dal pm Roberto Furlan, hanno ricostruito che il 21 marzo 2012 autore dell’agguato sarebbe stato un uomo residente in centro, non distante dall’abitazione dell’avvocato. Si chiama Francesco Furchì, vive a Torino da anni, è presidente dell’associazione Magna Graecia Millenium, che “opera nel campo della cultura, della solidarietà, della diffusione dei valori della calabresità in terra di Piemonte”.

 

 Le indagini sono partite dall’esame delle celle telefoniche, incrociando nomi e numeri telefonici di tutti i cellulari presenti quella mattina nelle vicinanze del luogo dell’attentato. Alberto Musy, avvocato, esponente dell’Udc, venne gravemente ferito la mattina del 21 marzo dell’anno scorso con sei colpi di pistola calibro 38. Uno sconosciuto, ripreso dalle telecamere, con un casco integrale bianco da motociclista sul capo e un soprabito scuro, si presentò al portone della palazzina di via Barbaroux, nel cuore vecchio di Torino, dove abitava Musy con la moglie Angelica Corporandi d’Auvare e le quattro figlie. Lo sconosciuto si appostò nel cortile e quando Musy rientrò dall’aver accompagnato le bambine a scuola, dopo essersi avvicinato  e aver scambiato con poche battute estrasse la pistola e sparò i colpi. Non riuscendo a colpirlo subito lo rincorse nel cortile della palazzina colpendolo. Prima di entrare in coma, l’avvocato fece in tempo a dire a un vicino di casa: «è stato un uomo di 40 anni…». Musy è ancora adesso ricoverato in una casa di cura riabilitativa, ma non ha più ripreso conoscenza.
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