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POTENZA – Sono iniziati mercoledì nella sede del Csm i lavori della commissione di studio presiduta da Michele Vietti, da cui dipende il destino del distretto giudiziario lucano.

Entro il 31 dicembre i commissari dovranno presentare uno «schema di progetto», con la nuova geografia di corti d’appello, tribunali e procure della Repubblica. Poi spetterà al Governo decidere il da farsi: se tradurre la riforma in un disegno di legge dell’esecutivo, oppure chiedere al Parlamento una delega legislativa ad hoc.

Nel decreto istitutivo a firma del ministro della Giustizia Andrea Orlando non si fa riferimento ai criteri da adottare per riscrivere l’organizzazione dei 26 distretti giudiziari italiani, a parte la «promozione del valore della specializzazione nella ripartizione delle competenze». Nessun accenno a parametri demografici o carichi di lavoro, né a regioni, capoluoghi o le vecchie province. Una delega in bianco, insomma, che riapre scenari mai del tutto chiusi, in cui gli uffici più piccoli, come il distretto giudiziario lucano, vengono smembrati e annessi ai limitrofi. Sempre che la “salvezza” non passi per accorpamenti in senso opposto, come quello del Tribunale di Sala Consilina a Lagonegro, per cui in effetti da 2 anni a questa parte i processi di secondo grado e i fascicoli di competenza distrettuale viaggiano già dal Vallo di Diano a Potenza.

L’inizio della fine dell’autonomia lucana, con la sua dissoluzione nelle popolose province campane e pugliesi, o la nascita di una nuova macroregione appenninica. Il bivio di fronte a cui si trovano gli architetti della prossima riforma giudiziaria è a tutti gli effetti la premessa di una modifica dell’articolo 131 della Costituzione, che individua le 20 regioni italiane così come si conosciamo. A maggior ragione se si considera che a rischio non c’è solo il distretto lucano, ma anche quello delle altre regioni meno popolose come il Molise, che potrebbe confluire in quello dell’Aquila, oppure ampliarsi a ricomprendere il circondario sannita del Tribunale di Benevento.

Chiusa la Corte d’appello di Potenza lo stesso destino toccherebbe al Tar, mentre la Procura della Repubblica del capoluogo perderebbe tutte le competenze distrettuali, come antimafia, traffico di rifiuti e pedofilia, col disimpegno dei reparti investigativi speciali della Guardia di finanza e dei carabinieri.

Oltre alla riforma della geografia giudiziaria la commissione presieduta da Vietti avrà il compito di studiare anche un nuovo sistema di valutazione della professionalità dei magistrati, di conferimento degli incarichi, mobilità, e organizzazione degli uffici del pubblico ministero.

Una seconda commissione presieduta da Luigi Scotti dovrà invece elaborare uno schema di riforma della disciplina legale in materia di costituzione e funzionamento dello stesso Consiglio Superiore della Magistratura.

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