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REGGIO CALABRIA – Il boss Carmine De Stefano, uno degli esponenti di vertice dell’omonima cosca di Reggio Calabria, è stato arrestato dalla squadra mobile reggina in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Procura generale che ha ordinato il ripristino di una precedente carcerazione per associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti. Per questi reati, commessi tra la Calabria e Milano nel periodo compreso tra la seconda metà degli anni Ottanta ed i primi anni Novanta, insieme al fratello Giuseppe ed al suocero Franco Coco Trovato, referente della cosca nella sua proiezione in Lombardia, Carmine De Stefano dovrà scontare adesso un residuo pena di 2 anni, 9 mesi e 28 giorni di reclusione, determinati con ordinanza del gennaio scorso dalla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria.

L’esponente della cosca De Stefano, figlio di Paolo, capo indiscusso della ‘ndrangheta reggina, la cui uccisione, nell’ottobre del 1985, scatenò la seconda guerra di mafia, si era reso latitante dal 3 ottobre 1994 sottraendosi ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla Procura di Milano per i reati per i quali è stato condannato. De Stefano è stato poi rinviato a giudizio per associazione mafiosa e duplice omicidio nel procedimento «Olimpia», che ha segnato una tappa storica nella lotta alla mafia reggina, e condannato per il solo delitto di associazione mafiosa a 8 anni di reclusione, ridotti in appello a 4 anni e 8 mesi.

La latitanza terminò l’8 dicembre 2001, quando la squadra mobile, con un blitz, lo catturò in un appartamento nel quartiere Arghillà di Reggio Calabria. Carmine De Stefano era stato scarcerato il 9 giugno 2014 per fine pena ed era stato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Reggio Calabria. Adesso, la Procura generale, dopo vari ricorsi, anche per Cassazione, sulla continuazione del reato che si sono conclusi con una rideterminazione della pena per tre sentenze di condanna (Milano e Reggio Calabria), in 18 anni, 3 mesi e 14 giorni di reclusione e di interdizione perpetua dai pubblici uffici, ha disposto una nuova carcerazione in virtù del calcolo tra quanto ha già scontato e la pena inflitta a De Stefano. 

 

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