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POTENZA – E’ tornato in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare Domenico Riviezzi, 41enne, fratello minore di Saverio e già condannato a 9 anni in primo grado per associazione mafiosa nel processo sulla scissione del vecchio clan dei basilischi.

A proporre istanza ai giudici della Corte d’appello di Potenza, la seconda dopo che la prima era stata respinta, è stato il suo legale Rocco Mauro, che intanto aveva già proposto anche ricorso al Tribunale del riesame.

Riviezzi era detenuto da febbraio del 2010, quando è scattato il blitz dell’operazione Double face. Per i giudici del collegio presieduto da Candida De Angelis, giudici a latere Ivana Salvatore e Federica Villano, avrebbe fatto parte a pieno titolo del clan di base a Pignola guidato dal fratello Saverio, «come segnalato dalle plurime e convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e come risultante altresì dalle intercettazioni ambientali in atti».

Ad accusare di Riviezzi c’è anche Antonio Cossidente, il boss della calciopoli rossoblu e dei rapporti pericolosi con la politica e i servizi segreti, che ha raccontato di averlo “affiliato” ai vecchi basilischi in carcere nel 2003, alla presenza anche di un noto “esponente del clan malavitoso operativo su Venosa” come Riccardo Martucci.

Tra i riscontri alle accuse degli investigatori della mobile di Potenza, coordinati dal pm Francesco Basentini, c’è in particolare un’intercettazione in cui Nicola Sarli, condannato per associazione mafiosa sia col clan dei pignolesi che coi rivali del capoluogo, rassicura un altro presunto esponente del primo gruppo dopo alcune frizioni interne. «Stammi a sentire Pasqua’. Ti voglio portare solamente il ragionamento». Queste le parole registrate dalle microspie. «Allora io voglio solamente una cosa, non è il fatto che… Se ci mettiamo io, tu, Saverio e Mimmo li facciamo tremare a quei quattro scemi, perché non ci manca niente, Pasqua’. Allora fra noi queste cioterie non ci devono proprio essere».

Resta ancora in carcere, invece, il fratello maggiore di Domenico, il 50enne Saverio, considerato il capo del clan dei pignolesi e condannato in primo grado 15 anni di reclusione. Infatti a febbraio nei suoi confronti è stata spiccata un’altra ordinanza di custodia cautelare in carcere, nell’ambito delle indagini sull’omicidio dei coniugi Gianfredi, a Potenza il 27 aprile del 1997.

A marzo gli indizi nei confronti del maggiore dei fratelli Riviezzi sono state confermati anche dal Tribunale del riesame, ma il suo legale, l’avvocato Nicola Cataldo ha già presentato ricorso in Cassazione, dove l’udienza dovrebbe tenersi il 30 settembre. Per Cataldo lo stesso Riesame avrebbe escluso ogni responsabilità del Riviezzi Saverio come mandante e come esecutore materiale, quindi la posizione del suo assistito andrebbe ricondotta a un eventuale concorso morale «apoditticamente affermato ma non dimostrato». Quanto invece al processo d’appello sulla scissione dei basilischi Cataldo ha chiesto di revocare l’ammissione della testimonianza di Gino Cosentino, fondatore della quinta mafia ed ex collaboratore di giustizia, «essendo lo stesso divenuto incompatibileper il suo comportamento  omissivo nei confronti dell’omicidio dei coniugi Gianfredi/Santarsiero   ed addirittura arrestato come mandante su ordinanza del GIP del Tribunale di Salerno». Una testimonianza, quella di Cosentino, che secondo il legale ormai sarebbe soltanto  il «pretesto per prolungare i termini massimi della custodia cautelare» nei confronti del suo assistito.

l.amato@luedi.it

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