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POTENZA – Più i giorni passano e più il clima di veleni  non fa altro che “inquinare” (o forse è un voler distogliere l’attenzione) il caso di presunta malasanità che in questi giorni ha investito il San Carlo. E si stanno buttando nel calderone i Palazzi: ospedale San Carlo, Tribunale fino ad arrivare alla Regione.

Una sola cosa è certa e incontrovertibile: una donna di 71 anni è morta, nel maggio del 2013, nel reparto di Rianimazione dove era stata trasferita dopo un intervento per la sostituzione di una valvola cardiaca. Il decesso sarebbe avvenuto circa 8 ore dopo l’intervento effettuato in Cardiochirurgia.

In sala operatoria – questo lo si è scoperto solo 18 mesi dopo – c’erano un anestesista, un infermiere e quattro cardiochirurghi, tra cui il primario Nicola Marraudino.

All’inizio del 2014 giunge alla Procura della Repubblica di Potenza un esposto anonimo molto ben dettagliato, al punto che si potrebbe ipotizzare che a scriverlo possa essere stato qualcuno del mestiere.

Quell’esposto viene affidato al sostituto procuratore della Repubblica, Anna Gloria Piccininni che apre subito un fascicolo e dispone la riesumazione del cadavere della donna per sottoporlo ad autopsia. Solo l’autopsia  può, infatti, accertare  le cause del decesso.

Fino a qui i fatti nudi e crudi.

Della vicenda, a parte la magistratura, non se ne occupa nessuno.

Mesi e mesi di silenzio fino a quando lo scorso fine agosto esplode la “bomba” e con essa i veleni.

La confessione shock

Il 29 agosto 2014 il sito “Basilicata 24” pubblica un’inchiesta esclusiva dal titolo “Omicidio all’ospedale di Potenza. Medico confessa: l’abbiamo uccisa”. Oltre all’articolo c’è un file audio.

Ma cosa si sente esattamente nella registrazione? 

Uno dei cardiochirurgi – oggi sappiamo che a parlare è Michele Cavone –   si rivolge a un altro medico – identificato in Fausto Saponara  (quest’ultimo ha smentito di essere l’autore della registrazione, nonostante il suo difensore Michele Napoli,  in una nota inviata giovedì scorso precisava  solo che  “in merito alla sospensione del Dr. Fausto Saponara, che sarebbe stato individuato quale autore della registrazione…il Saponara si tutelerà nelle sedi opportune in relazione a tale provvedimento” non smentendo, invece,  che il suo assistito fosse l’autore della registrazione n.d.r) e gli dice: «Io ho un cruccio, ho lasciato ammazzare deliberatamente una persona; sono giorni che vado a dormire e penso a questa cosa. Perché tu puoi ammazzare un cristiano in mille modi ma non deliberatamente». Il chirurgo accusa il primario di aver voluto ignorare il caso per evitare grossi guai: «Se lo sapeva (riferendosi al primario n.d.r. ), lo ha fatto apposta e io gli ho lasciato ammazzare una persona. Io se avessi coraggio dovrei andarmi ad autodenunciare ma alla fine verrei licenziato, alla fine sarei io quello licenziato, perché lui è coperto dalla politica che lo salva. Il dottor G. (membro dell’équipe di cardiochirurgica impegnata nell’intervento n.d.r. ) era inebetito, era spaventato, lui (il primario n.d.r. ) è arrivato un bel po’ di tempo dopo ed era ancora più spaventato, ha clampato l’arteria recisa e basta. Poi gli ha fatto l’intervento, così poi potevamo dire che la paziente era morta per una complicanza non legata all’intervento, ma legata a questa lacerazione (…). Lui (sempre il primario, n.d.r. ) mi odia perché lo tengo per i coglioni. Sono quattro contro uno e io vengo buttato fuori dall’ospedale, di fronte a queste cose la giurisprudenza non è veloce. Intanto ti sospendono e tu rimani mesi e mesi a casa a non fare un cazzo, hai capito? Così funziona. Io se avessi fatto quello che avrei dovuto fare mi avrebbero subito sospeso».

Questo il racconto di quanto, secondo Michele Cavone, sarebbe accaduto in sala operatoria.

Ma Cavone va oltre e lancia accuse pesanti sia al sostituto procuratore Anna Gloria Piccininni, sia all’attuale presidente della Regione, Marcello Pitella (all’epoca dei fatti assessore regionale alle Attività produttive nd.r.), sia ai vertici dell’Azienda ospedaliera. Tutti colpevoli di essere a conoscenza di quello che viene definito “omicidio” e di avere coperti tutto.

Le minacce e l’inchiesta

Il 15 luglio del 2014 il quotidiano on line finisce nel mirino della giustizia. Indagato per simulazione di reato, danneggiamento e stalking Michele Finizio, direttore editoriale della testata lucana. Avrebbe perseguitato per mesi i colleghi con messaggi anonimi pieni di minacce e croci incise sulle pareti all’ingresso della redazione e sull’auto del direttore responsabile del “suo” giornale, Basilicata24. Stesso trattamento riservato anche per se stesso.

Per il sostituto procuratore Anna Gloria Piccininni ci sarebbe stato lui dietro agli episodi denunciati più volte nei mesi  scorsi dalla direttrice Giusi Cavallo. Di qui si sono mossi gli agenti della Squadra mobile di Potenza, che nei giorni scorsi si sono presentati all’ingresso della redazione del giornale e a casa di Finizio con un decreto di perquisizione.

A darne notizia   lo stesso sito di Basilicata24, a distanza di una settimana in cui non n’è trapelato nulla, con un articolo di solidarietà della presunta vittima al suo presunto persecutore. 

Giusi Cavallo parla in prima persona plurale quindi a nome di tutto il giornale, di un’azione «violenta» degli investigatori, di poliziotti che bloccano il lavoro di redazione e di «intercettazioni ambientali» di giornalisti e fonti confidenziali.

Insiste la direttrice di Basilicata 24 e attacca il magistrato che «prima di avviare la fonoregistrazione» le avrebbe rivolto un monito, che a suo avviso sarebbe stato «psicologicamente intimidatorio». Piccininni è lo stesso magistrato – lo ricordiamo – che ha avviato l’inchiesta sulla morte della signora Elisa al San Carlo.

“Non sono io l’autore delle registrazioni”

Ieri l’ennesimo colpo di scena sempre su “Basilicata 24”.

Fausto Saponara accusato di essere l’autore delle registrazioni (un plurale che farebbe pensare all’esistenza di un altro nastro n.d.r.) rilascia un’intervista esclusiva, smentendo di essere lui il collega con cui si è confidato Michele Cavone e affermando di essere stato chiamato in causa solo perché ha «sempre denunciato il fatto alla luce del sole e con atti formali» aggiungendo anche che non si rimprovera nulla perché «ne ho parlato con tanti…direi con tutti, se ne è sempre parlato in reparto. Ho parlato con il direttore generale Maruggi subito dopo il fatto, con Mandarino, direttore sanitario e Pedota, direttore amministrativo» ma anche con «il presidente Marcello Pittella» informato nel giugno scorso. Mentre Maruggi lo avrebbe saputo «dal novembre scorso».

Per, poi concludere con «neppure io c’entro nulla, sono solo un testimone che ha saputo di un fatto grave che ho sempre denunciato con atti formali».

E anche Saponara che, come afferma, è «un testimone» che ha «saputo di un fatto grave» non pensa di rivolgersi né alla magistratura né alla Forze dell’ordine

Fermiamo il nastro

«Quello che è successo nell’ ospedale San Carlo di Potenza è un oltraggio a chi in quell’ospedale lavora duramente tutti i giorni: se esistono dei cialtroni, allora vanno cacciati a pedate». Così il viceministro dell’Interno, Filippo Bubbico intervenendo alla festa della Cgil lucana. Bubbico, che è stato presidente della Regione Basilicata dal 2000 al 2005,  ha risposto alle domande del direttore de «Il Quotidiano della Basilicata», Lucia Serino, riferendosi all’ inchiesta della Procura sulla morte di una donna nel corso di un’operazione al cuore. Intanto lunedì prossimo al San Carlo torneranno gli ispettori regionali che, per una trentina di giorni, lavoreranno in una stanza messa a loro disposizione dalla direzione generale. Gli ispettori ministeriali, invece, hanno fatto ritorno a Roma già nella serata di giovedì.

Giovedì scorso, ricordiamo,  sono stati sentiti tutti i medici – anche quelli sospesi – del reparto di Cardiochirurgia.

Ad accogliere gli ispettori ministeriali e regionali è stato il Direttore sanitario, Bruno Mandarino, che è a capo dello staff interno voluto dal Dg Maruggi.

Bocche cucite sull’ispezione anche se «sono il primo a volere – ha dichiarato Mandarino – che si indaghi su tutto quello che è successo quel maggio del 2013 e che si indaghi su tutti». L’importante «è che il lavoro venga svolto bene ma in tempi celeri» perché «bisogna uscire da questo buco nero in cui è caduto il San Carlo».

E se c’è «un bubbone o più bubboni da asportare – ha concluso il Direttore sanitario – questo sarà fatto come sempre è stato fatto».

Ora è giusto  che la magistratura continui a fare il suo corso senza che “corvi” inquinino anche il Palazzo di giustizia

 

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