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MILANO – “Gli eroi son tutti giovani e belli” gridava Guccini sul sogno di progresso della Locomotiva. Stanislao Focarelli non si ritiene un eroe, ma un uomo che si batte duramente per il destino dell’Italia, quella stessa italietta ormai spaccata in due da treni che non viaggiano più. In questi treni Stanislao e 799 operai in tutto il nord facevano da assistenti notturni nei vagoni con cuccette, ma c’erano anche i manutentori e gli addetti alle pulizie.

Sono i ragazzi del binario 21 della stazione di Milano, barricati in una lotta per rivendicare il loro posto. Stanislao, ragazzo di Paola di 37 anni, è da solo sulla torre faro al binario 24 della stazione di Milano da poco meno di 140 giorni. Ha scelto di salire quando piano piano gli altri sono tornati a terra. Un altro paolano, Roberto Dell’Osso invece è negli ex uffici della Servirail, l’azienda che gestiva i cuccettisti. Tutti licenziati, ma fermamente convinti ad andare avanti, anche ora che le tratte notturne sono state ripristinate. 

Tutto è iniziato la notte tra l’8 e il 9 dicembre, con il cambio orario imposto da Trenitalia. Quattro treni da Milano fino a Taranto, Lecce e Calabria e Sicilia sono stati soppressi. 

Stanislao, tu non hai intenzione di lasciare.

«Assolutamente no, nonostante i treni ristabiliti il discorso occupazionale resta. Vediamo fino a quando la salute regge, sono quasi da 140 giorni qui e nei prossimi giorni farà molto caldo».

Adesso sei solo?

«Si sono solo, il 28 maggio è sceso Rocco Minutolo che ci stava dal 25 febbraio. Aveva un ginocchio gonfio e non riusciva a camminare».

E giù invece c’è il presidio.

«Abbiamo occupato l’ex ufficio con gli altri ragazzi al binario 21 e poi c’è qui sotto il presidio con tenda e cucina da campo allestita». 

In quanti siete rimasti?

«Molti hanno ritrovato collocazione fra i treni notte, adesso siamo una quindicina. Siamo stati tutti licenziati il 12 di dicembre e come ammortizzatori abbiamo solo l’assegno di disoccupazione. La disoccupazione dura sei mesi, quindi a fine agosto ci troveremo senza neanche l’assegno».

Cosa è successo quel 12 dicembre?

«Al cambio orario molti treni notturni sono stati tolti. Le tratte per Puglia, Calabria e Sicilia sono state spostate a Bologna e Roma licenziando tutti quelli che erano più a nord. A Milano il personale era composto da 152 persone: 130 viaggianti e il restante diviso tra manutenzione e pulizia».

E tu da quanto tempo lo facevi?

«Otto anni. Sono partito da Paola nel 2003 e sono venuto qui a lavorare facendo un colloquio. Iniziai stagionale, per due anni venivo chiamato durante l’alta stagione. Fui regolarizzato nel 2007».

Poi sono arrivati i tagli.

«Tra l’8 e il 9 dicembre 2011 fu occupato questo traliccio. Ci siamo attrezzati subito mettendo dei teloni e un wc chimico.

E Milano si è mossa subito in vostra difesa?

«La società milanese ci è vicina perché la nostra lotta è per il servizio pubblico, il diritto alla mobilità. Con questa soppressione hanno diviso l’Italia in due, non si tratta solo di 800 operai, qui c’è il diritto di emigranti, giovani e viaggiatori di poter ritornare nelle loro terre».

Quanti treni sono stati soppressi?

«Quattro, compreso il Milano-Palermo. Altri 2 soppressi a Venezia, un paio a Torino».

Giustificandosi come?

«Dicono che erano un ramo secco. In realtà da anni non c’era manutenzione. Si bloccavano le prenotazioni con i treni vuoti, praticamente un’opera di boicottaggio per far vedere che il treno era improduttivo. Così lo hanno tolto. La vera cosa era quella di far sborsare i soldi al Ministero. Solo con il via libera di Passera sono stati rimessi, Trenitalia non l’avrebbe mai fatto di sua volontà».

E le vostre aziende?

«Il 30 dicembre è stato firmato l’accordo regionale, nonostante la nostra richiesta di un tavolo nazionale. Tre sindacati hanno firmato (Cisl Uil e Ugl), quindi l’accordo è passato. Il ricollocamento prevede 40 persone sui treni notturni, 5 in Atm, altri su traffico regionale e i restanti 60 nelle cooperative addette alla pulizia dei bagni in cooperative sparse. Trenitalia ha imposto un organico di 40 persone invece di 130».

Vendola, il Comune di Milano, la Sicilia. Grande solidarietà, ma dalla Calabria?

«Da Scopelliti nulla, ma neanche dalla sinistra. Eppure con questo accordo è la Calabria ad essere tagliata fuori».

 

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