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POTENZA – Smobilitazione, sia chiaro, avvertono, non significa abbattere il livello di protesta e vigilanza. Anche perché non occupano più la sala della giunta regionale, ma restano in difesa, pronti a prendere provvedimenti appena capita la direzione che prenderà l’incontro tra una loro delegazione e il sotto segretario alla Giustizia.

«Il tribunale di Melfi non si tocca», ripetono da mesi. Ma se il governo ha deciso che la riorganizzazione delle strutture giudiziarie non si può fermare, come andare avanti? Il trasferimento dei fascicoli dal tribunale federiciano a quello di Potenza (che ne accoglierà processi, personale e funzioni) è già cominciato. Ieri – faceva notare il presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati del foro di Melfi, Di Ciomo – non è stato facile lavorare. Avvocati e magistrati si sono trovati nel palazzo di giustizia del capoluogo senza spazi, scrivanie, senza sapere dove cominciare a lavorare.

La confusione logistica aggiunge tensione a una vertenza che nel Vulture sta tenendo insieme la rappresentanza politica in modo bipartisan. Lì, tra Melfi e l’Alto Bradano gli amministratori fanno fronte comune. E accusano la politica lucana di essere responsabile dello “scippo”: ha premuto poco, non ha saputo spiegare. «Non si capisce perchè nella bozza originaria dello studio della commissione – ripete da giorni il sindaco di Melfi, Livio Valvano –  la soppressione toccava al presidio di Lagonegro. Poi la sostituzione in corsa, con poca chiarezza e trasparenza».

L’incontro con i parlamentari di ieri serve a chiedere conto di impegno e sostegno. Deputati e senatori lucani (presenti in forze e in modo bipartisan) hanno ascoltato, spiegato, individuato una via da seguire.

La sala giunta si svuota, almeno temporaneamente. Non basterà – lo sanno – la richiesta popolare di un passo indietro (la cittadinanza dell’area si è fatta sentire come le popolazione degli altri 30 Comuni coinvolti nel processo di riduzione dei presidi giudiziari). Non basterà la lettera che il presidented ella regione Vito De filippo ha scritto al ministro cancellieri chiedendo di bloccare la soppressione del tribunale di Melfi. Sono in attesa dell’incontro di domani con il sottosegretario Beretta. Ribadiranno che «la Regione Basilicata non può continuare a subire processi di spoliazione ancorati alla logica della demografia che non tiene conto della specificità della regione (scarse infrastrutture ed ampio territorio)». Solo al termine di quell’incontro «saranno valutate le ulteriori iniziative da mettere in piedi».

Ma che argomenti usare per tentare di modificare il corso delle cose? De Filippo ha proposto di basare l’incontro non tanto sulle risorse naturali che la Basilicata offre al Paese, «che non porterebbero la regione su un piano di tutela, ma prima di tutto su rapporto tra territorio e popolazione, che ci rende davvero un caso a livello nazionale».

Ecco, «questo potrebbe essere, accanto a tutte le altre peculiarità, il vero motivo per il quale aprire un “caso Basilicata” su cui fondare la questione del tribunale e tutte quelle che si presenteranno in futuro».

È toccato al deputato Vincenzo Folino provare a tirare le fila su un altro tema. Quello della sicurezza: davvero il Vulture, area dove la criminalità organizzata è radicata, certificata da diverse sentenze.

La strada da percorrere? «L’idea su cui spingere potrebbe essere quella di una regione con un’autonomia particolare, definita sui numeri», continua Folino. Proposta da portare «anche al presidente del Consiglio, prima di portarla al ministero». Il consigliere regionale Nicola Pagliuca (Pdl) ha quindi chiesto «che l’obiettivo primario sia quello della sospensione del trasferimento dei fascicoli da Melfi a Potenza, in modo da affrontare la questione, complessa, con maggiore lucidità».

s.lorusso@luedi.it

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